
Queste parole le abbiamo ascoltate nella messa del primo dell’anno e vorrei rivolgerle a ciascuno di voi come mio augurio personale. La benedizione che abbiamo portato in tutte le case della nostra parrocchia voleva esprimere proprio questo augurio: quello di sentire sempre più e sempre meglio la presenza del Signore al nostro fianco. Una presenza non da “controllore”, ma da “custode”.
Il mese di gennaio per la comunità dei credenti da alcuni anni si presenta come portatore di innumerevoli spunti di riflessione e di crescita. Li evoco soltanto.
Anzitutto a partire dal 1° gennaio che da 50 anni la chiesa dedica ad una preghiera e ad un rinnovato impegno per un mondo di pace. Il titolo del messaggio che papa Francesco ha offerto aveva come titolo “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”, a ricordare che questo tema non può essere confinato ad alcuni emuli del Mahatma Gandhi o di Martin Luther King, ma che “essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza”.
Il secondo tema, in ordine cronologico, su cui la chiesa è chiamata a riflettere nel mese di gennaio è quello drammaticamente attuale dei migranti. Da anni la terza domenica del primo mese dell’anno è infatti dedicata al fenomeno di quanti, alla ricerca di condizioni migliori di vita o per sfuggire a conflitti e persecuzioni, abbandonano la loro terra e come singoli o come famiglie, intraprendono viaggi costosissimi e pericolosissimi che spesso terminano nel fondo del mediterraneo. Quest’anno il titolo recita: “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”. Per dei cristiani che hanno appena finito di celebrare il mistero del Natale di Gesù e del suo farmi migrante in Egitto per sfuggire alla follia di Erode, l’argomento è a dir poco obbligatorio e non ci è lecito affrontarlo col cinismo e l’indifferenza.
Viene poi la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La piaga della divisione tra quanti credono in Cristo è ancora umiliante e indebolisce quella testimonianza indispensabile per l’azione missionaria della chiesa. Vi confesso che tra le accoglienze che più ho gradito durante le benedizioni natalizie ci sono quelle che mi sono state riservate da famiglie di cristiani copti e che i rifiuti per me più sofferti sono venuti da cristiani riformati. Abbiamo ancora una storia di incomprensioni che ci è chiesto di affrontare con umiltà, competenza e determinazione. Se non altro, per metterci in scia con lo stile e l’insegnamento di papa Francesco.
Il quarto grande tema che ci verrà proposto è rappresentato dalla settimana dell’educazione, in vista della festa liturgica di San Giovanni Bosco, il 31 gennaio. La sento particolarmente importante per la nostra parrocchia, visto l’impegno educativo dell’Oratorio san Luigi, del gruppo Scout Sesto San Giovanni 1 e della Scuola Santa Caterina. Tre realtà di cui possiamo sentirci orgogliosi, che dobbiamo avvertire come straordinari strumenti di edificazione della Sesto di domani, luoghi privilegiati per la formazione – a dirla con don Bosco – di “bravi cristiani e buoni cittadini”. Tre realtà che devono però poter contare su una comunità di adulti capaci di far vedere ai piccoli che crescono che cosa accade ai grandi quando il vangelo viene preso sul serio. Adulti in grado di mostrare un volto simpatico e convincente, che faccia venire la voglia ai più giovani di pensare “da grande voglio essere come te!”. Dunque ci domandiamo: quale volto di credente adulto sto mostrando ai più piccoli, ai più giovani? Non è che dietro al massiccio abbandono dei ragazzi dall’età della preadolescenza ci sta una testimonianza debole ed insignificante da parte di noi adulti?
Ed ecco che arriviamo al quinto tema, quello della famiglia. In Diocesi di Milano la festa della famiglia viene celebrata alla fine di gennaio, quest’anno domenica 29. Malgrado le sue fragilità, è lì che si può realizzare quanto appena detto. È in famiglia che si deve svolgere la prima “pastorale giovanile”. Compito della comunità cristiana sarà quello di continuare a ricordarglielo, ma insieme di non smettere mai di sostenerla. Alla famiglia, alle famiglie della nostra parrocchia chiedo di avvalersi della nostra collaborazione, di non accontentarsi di chiedere per i loro figli i sacramenti della fede, ma insieme di mostrare loro di avere fede nei sacramenti; di non accontentarsi di portare in chiesa i loro figli, ma di portare la chiesa nella loro casa.
Con tutto il mio affetto.
Don Roberto Davanzo
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