
Nell’augurarci un buon anno desidero anzitutto esprimere l’auspicio che l’estate che si sta concludendo abbia riservato a ciascuno di voi qualche giorno di stacco e di riposo. A quanti hanno a cuore la vita della nostra comunità di Santo Stefano desidero esprimere la mia gratitudine e l’incoraggiamento per un rinnovato impegno ed una rafforzata passione.
Questo anno pastorale inizia con una significativa novità: la nomina – da parte del Santo Padre – del successore del Card. Angelo Scola che ha guidato la nostra immensa Diocesi per sei anni e al quale va la gratitudine di tutti noi. Al nuovo Arcivescovo – Msg. Mario Delpini – che dal 9 settembre prenderà possesso della Diocesi Ambrosiana, l’assicurazione della nostra preghiera e della “filiale obbedienza” di quanti si riconoscono nella chiesa cattolica milanese.
L’avvicendarsi di un Vescovo non può esaurirsi in un fatto organizzativo. C’è di mezzo l’identità stessa della Chiesa che nel Credo definiamo “apostolica”, fondata dagli Apostoli e sugli Apostoli. Quelli che furono testimoni della presenza di Dio in mezzo agli uomini e che accettarono di essere mandati a proseguire la missione del Figlio Gesù. Ebbene, i Vescovi che sono posti a capo delle Diocesi sparse in ogni angolo della terra altro non sono che i continuatori della missione degli Apostoli e per questo meritano una stima, un affetto e un obbedienza pregiudiziali, al di là delle qualità e dei difetti, della simpatia o antipatia di cui ovviamente possono essere portatori. Accogliere un nuovo Vescovo altro non è che riconoscere il mistero di un Dio che guida la sua Chiesa lungo la storia e che però ha bisogno della collaborazione di noi uomini. Un Dio che ha in mano la storia, ma che pone un limite alla sua “onnipotenza” e chiede ai credenti di lasciarsi coinvolgere nel suo disegno di bene.
Accogliere un Vescovo e le linee pastorali che offrirà alla Chiesa di Milano significa maturare un’esperienza di fede che ci tira fuori da noi stessi, una fede che mai potrà esaurirsi in una dimensione intimistica e devozionale per aprirsi alla assunzione di responsabilità all’interno della Chiesa e fuori dalla Chiesa.
Accogliere un nuovo Vescovo vuol dire superare una concezione di Chiesa asfittica e chiusa su appartenenze belle e arricchenti, ma sempre bisognose – per diventare realmente feconde – di essere espressioni di una multiformità che trovi nel successore degli Apostoli che viene donato una figura di unità. In fondo, questa fu la preghiera di Gesù nella sua ultima cena: “che siano uno”. In una cultura impregnata di individualismo senza limiti e incapace di costruire legami e relazioni, il “mestiere” più arduo di un Vescovo credo sia proprio mostrare come il Vangelo di Gesù diventi – per coloro che lo prendono sul serio – la fonte di un insonne passione per una rinnovata socialità.
In questo anno pastorale in cui come parrocchia vorremmo crescere nella capacità di vivere un’esperienza di fede sempre più comunitaria e comunque “mai da soli”, l’avvento del Vescovo Mario ci sia di ulteriore stimolo verso l’edificazione di una comunità parrocchiale al servizio di una Sesto più coesa e capace di accogliere, includere e valorizzare le diversità che la abitano.