Di Quaresima in Quaresima, in cammino verso la Pasqua di Gesù

Con uno sguardo globale, all’insonne ricerca di ciò che conta veramente

Se ci pensiamo bene, l’attuale pandemia cominciò a portare le sue conseguenze la domenica che precedeva la Quaresima del 2020. Era il 23 febbraio. D’improvviso furono sospese tutte le messe vespertine di quella domenica e da quel momento nulla è stato più come prima.

Ora stiamo per cominciare una nuova Quaresima, un anno dopo, ed è inevitabile che ci si ponga la domanda anzitutto su di noi: siamo migliori o peggiori rispetto a quando tutto è cominciato? Siamo riusciti a rendere questa difficile – per certi versi drammatica – situazione, un’occasione per crescere come donne e uomini credenti, per capire cosa conta veramente nella vita delle persone? Oppure siamo ancora sballottati tra depressione e ribellione, incapaci di dare un senso a ciò che ci sta succedendo?

Lo scorso anno la cosa ci prese alla sprovvista e per qualche settimana ci paralizzò: niente celebrazioni con i fedeli presenti, esercizi spirituali annullati, itinerario decanale nei venerdì di Quaresima saltato, … Quest’anno non ci è lecito lasciarci andare: le funzioni religiose sono possibili “in presenza” dallo scorso maggio, le parrocchie hanno attivato trasmissioni in streaming, le catechesi e le riunioni avvengono anche on line. Dunque, coraggio e responsabilità. Noi cristiani siamo come tutti gli altri uomini e donne, nel senso che nessuna delle loro paure, speranze, angosce e gioie ci sono negate. Insieme, siamo però portatori di una “diversità”, nel senso di una responsabilità a sostenere il cammino dei nostri fratelli e sorelle, mostrando un supplemento di sapienza capace di trasmettere entusiasmo e voglia di vivere, malgrado tutto. Ed in questa Quaresima ancora più forte deve essere la coscienza che tutta la nostra vita è un cammino verso la Pasqua di Gesù e la nostra Pasqua, dal momento che non potremmo capacitarci ad una vita che viene dal niente e va verso il nulla. Certo, questo cammino necessita di sfrondature e purificazioni rispetto ad abitudini e a modi di pensare tanto acquisiti, quanto bisognosi di essere abbandonati. Chi l’ha detto che senza happy hour e aperitivo non si può stare? Chi l’ha detto che la settimana bianca è un “must” irrinunciabile? Attenti: so bene che dietro a questi “riti” ci sta un tessuto economico che dà da mangiare a migliaia di famiglie che andranno tutelate adeguatamente. Che andrà sviluppata una logica di solidarietà e perequazione da parte delle categorie meno colpite dalla crisi o che addirittura hanno visto incrementare i loro profitti.

La questione però resta: siamo proprio convinti che il modello di vita sviluppatosi in questi decenni successivi alla seconda guerra mondiale siano proprio il meglio per noi e per le generazioni future? Siamo proprio convinti che questo modello sia esportabile e sostenibile in tutte le latitudini del pianeta? Quando il Papa reclama con forza il diritto di tutti i popoli a beneficiare del vaccino anti-Covid in fondo ci chiama ad una revisione radicale rispetto al sistema economico e finanziario attualmente dominante. Come possiamo accontentarci di uscire – noi popoli più ricchi – dalla pandemia, senza porre le premesse che da questo male se ne esca tutti insieme, senza sentire il dovere di un “prendersi cura” di ogni persona e dell’intera creazione, dato che siamo inesorabilmente tutti “sulla stessa barca”?

Sia questo sguardo globale a caratterizzare il nostro cammino verso la Pasqua di Gesù, alla insonne ricerca di ciò che conta veramente.

Don Roberto Davanzo

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