III domenica di Pasqua 2021

“Signore, mostraci il Padre e ci basta” chiede Filippo a Gesù. All’inizio di questa meditazione mi viene da chiedere che da questa eucaristia tutti noi possiamo portare a casa un dono: riuscire a vivere quella che san Basilio definiva la “memoria Dei”, il vivere senza mai dimenticarci di Dio, del suo disegno, del suo progetto.
E per preparare il nostro cuore a questo dono vorrei suggerire alla vostra attenzione due espressioni presenti brano evangelico che abbiamo ascoltato.

  1. “Vado a prepararvi un posto”; nella festa dell’eternità siamo invitati tutti, nessuno escluso, senza imbrogli (se no ve l’avrei detto); Gesù non è risorto solo per se stesso, per umiliare chi lo aveva rifiutato ed ucciso, per dare una manifestazione di potenza; Gesù è risorto per dirci che oltre la morte c’è molto di più della vita che viviamo adesso e che abbiamo paura ad abbandonare; c’è una festa e ci a attende tutti. C’è una canzone della nostra infanzia oratoriana che commenta con straordinaria efficacia questa affermazione:

Nella casa là sulla montagna un camino grande grande sta,
nel camino grande grande grande un gran fuoco fuoco fuoco va.
Perciò pim pam, le scarpe pim pam,
di notte (certo, si cammina al buio) fan sul
sentiero di pietre grosse pim pam,
le scarpe pim pam, di notte fan sul sentiero così.
Nella casa là sulla montagna un signore grande grande sta,
nella stanza viola, verde, gialla, (nella festa tutti si dovranno trovare bene) tante sedie rosse e bianche ha.
Nella casa là sulla montagna una sedia a tutti tutti dà,
(quindi sono contate, nessuno rischia di rimanere in piedi)
a ciascuno toglierà le scarpe (perchè così le differenze verranno eliminate),
tutti insieme poi si danzerà.

Ecco la buona notizia, il vangelo di questa domenica: c’è un posto anche per te, sei atteso da qualcuno, per una grande festa.

  1. “Io sono la via, …”; per dire che si cammina verso la casa sulla montagna dove ci attende il Signore grande grande che è Gesù risorto, quando si segue quella via che lui ha tracciato, la via della sua umanità, il suo modo di essere uomo. Lasciamoci istruire da questo simbolo universale che è la strada. E lo facciamo ricordando le prime parole della Divina Commedia, nell’anno in cui si celebrano i 700 anni della morte di Dante Alighieri cui papa Francesco ha dedicato una squisita lettera che invito tutti a leggere, specie chi come me non ha avuto una formazione letteraria che comprendesse anche lo studio della vita e dell’opera del “sommo poeta”.
    Nel mezzo del cammin di nostra vita …”. La vita come cammino, l’andare verso una meta e dunque l’uomo come camminatore, come cercatore. A dire che non c’è vita autentica se non nell’inquietudine della ricerca. Guai agli installati, a coloro che sono così sazi da non avere più in cuore alcuna domanda, attesa, alcuna inquietudine. È
    significativo che nel libro degli Atti degli Apostoli i primi discepoli di Gesù vengono indicati uomini e donne della strada, la strada di Gesù. Ma la strada, a differenza del labirinto o del vicolo cieco, è tale perché porta verso, va verso un termine. Se Gesù è la strada allora con Lui, dietro a Lui, non andiamo a casaccio bighellonando senza orizzonte e senza meta: è andare verso un orizzonte che è un volto paterno. Chi vede Gesù, vede il Padre.
    Se il cammino di fede è un cammino e non tranquillo possesso, vuol dire rispettare ogni passo, per quanto incerto e stanco: in ogni passo c’è già la promessa, l’anticipazione della meta.

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