- Le settimane dopo Pentecoste hanno una presunzione grande, ma anche necessaria: quella di offrire una catechesi che presenti in modo ordinato le varie tappe di quella che chiamiamo la “storia della salvezza”, quella storia di Dio con gli uomini cominciata nella creazione e compiutasi con la venuta di Gesù di Nazaret, con la sua Pasqua che si rinnova in ogni celebrazione eucaristica. In queste domeniche che seguono la celebrazione della Trinità trovano sviluppo i primi grandi capitoli di un Dio che nessuno avrebbe mai conosciuto e che decide di
rivelarsi.
Quest’oggi cominciamo col tema della creazione del mondo sviluppato nel libro del Siracide con uno sguardo molto positivo: le cose vengono dalla sapienza di Dio e da lui sono guardate con benevolenza. Paolo addirittura fa notare che certo, Dio è invisibile all’uomo, ma le sue opere in qualche modo ne sono una traccia visibile, un
indizio certo per chi lo cerca. Il vangelo di Luca ci offre uno sguardo di contemplazione e di fiducia: guardare alle opere della creazione con sguardo di fede conduce ad una grande pace nel cuore. Se Dio si preoccupa dei gigli dei campi o degli uccelli del cielo … “quanto più” farà per noi… gente di poca fede. Guardare alla natura può diventare un trampolino di lancio per arrivare ad una fede più solida, meno in balia di ansie e preoccupazioni!
Anche l’Arcivescovo Mario, nella sua lettera per il tempo dopo Pentecoste parla dello sguardo con cui il credente deve guardare al mondo. Non solo come universo (immensità sconfinata nella quale si perde il nostro piccolo pianeta), né come natura (meccanismo mosso da leggi che spesso ci sfuggono), ma nemmeno come cosmo (stupefacente bellezza contemplabile dai sapienti, ma ignota a quanti sono curvi sotto la fatica del vivere). La tradizione biblica che i cristiani hanno fatto propria ci fa dire creato, ci fa riconoscere l’opera di Dio che ha piantato il giardino come casa ospitale per l’uomo e la donna, perché sia coltivato e custodito e possa produrre frutti per i figli degli uomini. - Il tema è intrigante e attuale. Sei anni orsono Papa Francesco ha scritto la prima enciclica della storia della Chiesa dedicata alle questioni dell’ecologia, viste ovviamente con gli occhi della fede cristiana. Questioni serie, che riguardano il pianeta che consegneremo alle generazioni dopo di noi e che toccano i criteri di utilizzo delle risorse della natura al fine di trarre da questa l’energia necessaria a far vivere dignitosamente i suoi abitanti. Come mai più di 800 milioni di esseri umani soffre la fame? Siamo davvero troppi o non è più vero che le ricchezze del mondo sono concentrate in pochissime mani? Come va pensato il rapporto tra l’uomo e gli altri esseri viventi? Possiamo usare a piacimento delle risorse della terra o ci sono dei limiti? Ci è davvero lecito appropriarci della vita degli altri esseri viventi o anche qui ci sono dei criteri, dei paletti da rispettare?
- Certo, dietro a queste domande ci sono questioni che non riusciamo ad affrontare nello spazio di una omelia. Ma almeno dovremmo portare a casa la convinzione che non ogni modo di pensare alla natura e al suo rapporto con l’uomo è conforme alla visione che la Bibbia ci offre e dunque non ogni ecologia è accettabile.
Non possiamo condividere, ad esempio, l’atteggiamento del dominio da parte dell’uomo che lo porta a relazionarsi all’ambiente secondo una logica predatoria, a esclusivo vantaggio della sola vita umana.
Ma non possiamo accettare neppure una sorta di sacralizzazione altrettanto indiscriminata della natura che finisce per farla pensare come una specie di divinità, al punto che ogni forma di vita avrebbe pari diritti. Ora, voi tutti capite che per quanto dobbiamo voler bene ai nostri amici a quattro zampe, per quanto dobbiamo evitare loro sofferenze inutili, la vita dell’uomo non sarà mai sullo stesso piano di quella di un criceto o di un cavallo. “Quanto più degli uccelli valete voi”, afferma Gesù nel vangelo di Luca. - Così la rivelazione biblica non consente di seguire nessuna di queste prospettive. Il cosmo, la natura, l’ambiente, … non sono delle divinità. Sono opera della creazione di Dio.
In più è evidente che la natura, le cose, il cosmo, sono fatte in vista dell’uomo al punto che è l’uomo a dare ad
esse un nome – come vedremo domenica prossima -, dunque un significato, un senso. Solo se poniamo al centro la persona umana riusciamo a pensare ad un uso corretto del pianeta. Ma l’uomo non ne è padrone assoluto ed indiscusso. L’uomo non può disporne a suo piacimento e a suo arbitrio, perchè se si degrada l’ambiente, si degrada anche l’uomo. Se si rispetta l’ambiente, è l’uomo ad essere rispettato. Dimmi in che modo pensi all’uomo e al suo stare assieme agli altri uomini e ti dirò come pensare alla natura. Qualcuno scriveva che Dio ha parlato all’uomo con due libri: quello della Bibbia e quello della natura. Leggiamoli entrambi per imparare a conoscerlo un po’ di più. - Ed è bello che in questa domenica ci troviamo a rendere grazie per queste coppie di sposi che celebrano la loro reciproca fedeltà e tenacia. Storie d’amore inserite in una storia d’amore rappresentata dall’opera di Dio a favore
dell’uomo. Questo è il matrimonio per i cristiani: non solo un contratto, ma la possibilità di innestare un progetto di vita – generativo di vita – in quel progetto di bene che Dio ha iniziato col creare il mondo, perché l’uomo e la donna potessero realizzare i loro sogni. È la possibilità di dire ad una persona “ti amerò per sempre” dal momento che “per sempre” è l’amore di Dio per l’uomo.
I Domenica dopo Pentecoste – Solennità della SS Trinità 2021Pentecoste… è tempo di uscire
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