Rimettiamoci in gioco per una chiesa UNITA …
Nell’attesa del ritorno di Cristo
- Abbiamo iniziato questa celebrazione con cui si apre l’avvento ambrosiano – e lo faremo all’inizio delle prossime messe festive – accendendo un cero, una luce che di domenica in domenica andrà a comporre quella che viene chiamata la “corona dell’avvento”, a ricordare con la luce la crescita del nostro attendere la grande festa del Natale, dell’evento storico che ha illuminato la storia del mondo e di ogni uomo.
- Ecco allora a che serve l’Avvento. Non solo a prepararci a festeggiare il Natale, ma a ricordarci che colui che un giorno nacque a Betlemme nei segni poveri di un neonato, tornerà per porre fine alla storia e finalmente dare risposta a quanti dalla storia e dagli altri uomini sono stati umiliati. L’avvento serve per imparare a starci in questa storia difficile e drammatica a dire a tutti che si può vivere in modo diverso, senza lasciarci terrorizzare e ripiegare dalle nostre paure e dai seminatori di paura. Ecco perché possiamo e dobbiamo “rimetterci in gioco”: perché da quando il Figlio di Dio è entrato nella nostra storia, la storia non sarà mai uguale a se stessa. E iniziare l’Avvento è rimetterci in gioco per conoscere il nostro Dio, per contribuire ad edificare una chiesa unita, fatta di persone diversissime, ma legate da un collante che è la fede in quel Gesù che è venuto e tornerà.
- Riprendendo la difficile pagina del vangelo di Luca provo a chiedermi quali allora gli atteggiamenti da coltivare “nell’attesa della sua venuta”? Lasciate che ripercorra brevemente, solo per accenni, alcune indicazioni che abbiamo ritrovato nel brano di Luca.
– “Badate di non lasciarvi ingannare”. Nel tempo di mezzo, che va dalla venuta di Gesù al suo ritorno, il nostro tempo, “badate di non lasciarvi ingannare”. Ingannare da chi? Notate, da quelli che usano parole religiose, da quelli che hanno facile il nome di Dio sulle loro labbra, da quelli che ti dicono: “Dio è qui, Dio è là”. Intrigante questa messa in guardia dagli uomini religiosi – una categoria di cui io faccio parte – da quelli che pretendono di dare loro un posto a Dio. Badate di non lasciarvi ingannare. Da parole espresse con una sicurezza spavalda, lontana da ogni sana inquietudine, parole alte, astratte, quando il messaggio di Gesù è semplice, concreto, ha un volto, concreto, il suo.
– Altra indicazione: “Non vi terrorizzate”. I segni funesti – e ce ne sono, ce ne sono in ogni tempo – hanno l’effetto, il triste effetto, di terrorizzare: “gli uomini” è scritto” moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra”. Mi ha colpito l’espressione “moriranno per la paura”. Guardate che prima ancora di morire di morte naturale, si può morire di paura. La paura che ci ha rintanato nelle nostre case e ci ha allontanato dalle chiese. Ma anche la paura di rispettare le regole – certo scomode – grazie alle quali usciremo dalla pandemia. Quella paura che porta a sospettare complotti dietro ad ogni angolo, che ti fa guardare alle disposizioni sanitarie come ad una persecuzione, fino a farti rifiutare quell’atto di amore che è la vaccinazione. Una paura che toglie energie, ci fa rintanare, ci paralizza, non ci permette di osare, di tentare, di inventare. Non sarà – me lo chiedo – che stiamo un po’ vivendo questa assenza di vitalità, di scommessa sulla vita, di entusiasmo? Come morti.
– E, ancora è scritto: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. Tenete duro, anche quando non vedete subito accendersi i segni del regno di Dio. Abbiate la pazienza del contadino, che sa attendere, anche quando non vede ancora germogli. Seminate cose buone, gesti umani e perseverate nella fiducia che riposa su Dio.
– E, ultimo invito, dentro le mutazioni della storia, dentro le speranze e le contraddizioni che la segnano: “Risollevatevi e alzate il capo”. È questo il segno che siete in attesa della sua venuta, il segno è che vi sollevate e alzate il capo.
Quando le depressioni, le disillusioni, le tragedie ci fanno piegati e curvi, capo chino e muso a terra, e quasi non ci rimane più voglia di ricominciare e di lottare, quando tutto ci sembra logoro e inutile, ci giunga, ci risuoni dentro questa parola ultima del vangelo di oggi: “risollevatevi e alzate il capo, la vostra liberazione è vicina”. - Chiudo tornando ad una parola che campeggia in questa prima domenica di avvento: “Testimonianza”, una parola legata alla persecuzione, di opposizione, non certo ad un tempo di approvazione. Vuol dire che nel tempo la Chiesa sarà spesso ostacolata anche con violenza e i singoli cristiani a loro volta. Ma sarà proprio in quei momenti che avrà la possibilità di far vedere una differenza, una originalità, il volto di un Dio diverso.
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