Rimettiamoci in gioco per una chiesa UNITA …
… per aprire al Signore le porte delle nostre case
- Anche oggi la scena del Vangelo è una scena di cammino. “Il Signore Gesù – è scritto – camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme”. Erano, quelli, giorni di salita, di grande salita. Perché, di lì a poco, sarebbe stata Pasqua per gli ebrei. Ed era un convenire di gente, e non solo dalla Palestina, da vicino e da lontano, un formicolare per le strade, un fervore di preparativi. E Gesù sale, anche lui sale, per la Pasqua, cammina davanti a tutti. Mi colpisce il particolare “davanti a tutti”, come se in qualche misura volesse trascinare gli altri in quella salita, quasi a dare l’orientamento e la spinta. Dico “la spinta”, perché più d’uno dei suoi discepoli non era così entusiasta di quella salita alla città santa: c’erano esitazioni da superare. Ormai avevano constatato che la prospettiva del regno, che il loro Maestro andava annunciando, trovava resistenze, opposizioni dure, in particolare da parte del potere; e Gerusalemme era la città del potere, il centro del potere. Sarebbe stato come gettare un tizzone di fuoco nella paglia. Ma lui saliva, camminando davanti a tutti. Determinato. Saliva certo per aggregarsi alla grande celebrazione di quei giorni, ma saliva anche per la grande rivelazione: avrebbe svelato se stesso e la natura di quel regno che, instancabile, per strade e villaggi aveva annunciato. L’avrebbe svelato nella grande città, meta del pellegrinaggio. Ultimo svelamento sulla croce.
- Dunque, per capire Gesù, per conoscere Gesù, per entrare nella rivelazione del suo Regno, bisogna continuamente rimettersi in gioco, mai stare fermi, anche col rischio di sbagliare qualcosa. Ricordate quello che diceva papa Francesco all’inizio del suo ministero: “preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti”. Il Dio della Bibbia è il Dio di chi è disposto a ricominciare. Dai tempi di Abramo, a quelli di Mosè a quelli di Gesù e poi di Paolo. E rimettersi in gioco significa cambiare, far fatica, essere un po’ nell’incertezza. Ma solo così si incontra Gesù, il grande camminatore. Dice un antico proverbio berbero: “Mentre noi cominciamo a muovere il primo passo verso Dio, Egli ci sta già correndo incontro”.
- Un Dio che cammina, un Dio che vuole entrare nella vita, nella casa di ciascuno e di tutti. Il vangelo parla dell’ingresso a Gerusalemme, la città per eccellenza, ma per dire che a lui interessa il singolo cuore, la singola coscienza, la singola casa. E mi piace collegare tutto questo con l’esperienza che ogni anno proponiamo della visita alle famiglie per la benedizione natalizia. Per ricordare anche ai più distratti che il Dio del Natale non ha chiesto all’uomo di impegnarsi a salire verso il suo castello incantato, ma è sceso lui per bussare alle nostre porte.
- Un Dio che desidera entrare nelle nostre case, ma con una precisazione. Noi crediamo nel Dio della comunità, non nel Dio collettivista. Nel Dio che sogna di trasformare il nostro modo di stare insieme, ma senza considerarci dei numeri insignificanti. Vedete, noi non crediamo solo che tutti gli uomini sono uguali. Noi crediamo che tutti gli uomini sono fratelli, quindi anche diversi. Quindi il Dio che cammina è anche il Dio che ci riconosce nella nostra diversità, nella nostra specificità. Ci prepareremo ad accoglierlo se magari anche noi riusciremo ad imparare a rispettare la specifica originalità di ogni fratello, di ogni sorella.
- Chiudo con la figura di un altro protagonista di quell’episodio che il vangelo ci ha narrato. E mi riferisco all’asino sul quale Gesù sale e che i discepoli devono slegare, perchè “il Signore ne ha bisogno”. È quella dell’asino una figura che ogni tanto ritorna lungo la bibbia. Nella vita di Gesù la vediamo protagonista all’inizio della sua vicenda, nella notte di Betlemme e alla fine, in occasione del suo ingresso a Gerusalemme, pochi giorni prima della sua morte. Segno di un Dio che ha bisogno anche di una povera bestia come l’asino per portare avanti il suo disegno. Ma anche segno di quello che siamo un po’ anche noi uomini e donne, un po’ testardi, un po’ pigri, ma ugualmente scelti per portare in groppa il Cristo, che lo sappiamo o meno. Come quell’asino là a Gerusalemme, quel giorno, rinnoviamo la nostra disponibilità. Non sempre ce ne renderemo conto, ma Lui, il Signore, si farà portare da noi…
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