Domenica dopo l’ottava del Natale 2022

  1. Se a Natale abbiamo fissato lo sguardo sul “che cosa”, che cosa accadde quel giorno a Betlemme, in questa domenica detta dopo l’ottava le letture ci fanno riflettere, sul “chi è e per che cosa è venuto” il Signore Gesù. Questione seria, impegnativa: c’è di mezzo la risposta alla domanda sul che cosa noi uomini che ci abbiamo guadagnato da tutto questo, ma c’è di mezzo anche la comprensione del che cosa deve fare la Chiesa, che cosa devono fare coloro che si dichiarano credenti in Gesù.
  2. Una prima risposta la troviamo nella prima lettura, tratta da un libro dell’AT scritto un paio di secoli prima dell’era cristiana. Si parla di una misteriosa Sapienza che viene quasi personificata, che ha a che fare col mistero dell’Altissimo. Con immagini colme di poesia la Sapienza parla di sè come di una realtà che appartiene alla sfera di Dio, all’assemblea del cielo. Di sé dice: “Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo”, dunque è la sua Parola. Ma noi sappiamo che nel natale di Gesù “il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua tenda in mezzo alle nostre”. Poi dice che è sulle onde del mare, su tutta la terra, che ha preso dominio su ogni popolo e nazione e nello stesso tempo il Creatore le dà l’ordine di piantare la tenda in Giacobbe, a Gerusalemme, in mezzo al popolo di Israele. Non crea meraviglia, dunque, che i primi cristiani abbiano letto questa pagina come se alludesse al mistero di Gesù, la Parola di Dio che ha creato ciò che esiste e che ha voluto condividere fino in fondo questa misera vita dell’uomo.
    Ecco allora la prima risposta: il bambino di Betlemme parla del mistero di un Dio, l’onnipotente, che pur dominando l’universo, pur avendo creato tutte le cose, da queste cose non si è mantenuto distante, ma ha voluto farsi vicino. Non tanto alle cose, quanto agli uomini. Non si è accontentato di farlo il mondo: ha voluto abitarlo, prendervi dimora.
    Le conseguenze per la Chiesa e per i cristiani le immaginiamo: non ci sarà mai lecito prendere le distanze dal mondo, separarci dal mondo, in nome del suo peccato, della sua malvagità, … La Chiesa e i cristiani esistono per piantare ancora la tenda in mezzo agli uomini, il che significa sentirsi agli uomini solidali fino in fondo. Mai la fuga dal mondo, mai il disprezzo e la condanna, mai la minaccia delle fiamme dell’inferno. Sempre la simpatia, la prossimità, la percezione di essere legati dallo stesso destino.
  3. A questo punto veniamo alla pagina del vangelo di Luca che ci fa fare un salto di una trentina d’anni e ci presenta Gesù all’inizio della sua attività pubblica. Dopo il battesimo nel Giordano, dopo le tentazioni nel deserto, Luca scrive che “venne a Nazareth”. Va in sinagoga di sabato e sceglie un brano del profeta Isaia, ma attenzione: non lo legge interamente e lascia via una frase nella quale il profeta prospettava “il giorno di vendetta per il nostro Dio”; è chiaro: Gesù è venuto a portare un “lieto messaggio” che non si basa sulla minaccia di un Dio incollerito nei confronti dei peccatori. È come se Gesù correggesse l’idea di Dio che gli ebrei si erano fatti nei secoli dell’Antico Testamento e che li portava ad aspettarsi un Messia misericordioso ma anche vendicativo. Gli ebrei si aspettavano quello che chiamavano il “giorno del Signore” e Gesù dice “oggi” questa attesa si sta compiendo, ma in modo diverso da quello che ci si immaginava. Inoltre, il “lieto annuncio” è destinato certo a tutti, ma anzitutto ai poveri, a quelli che stanno male, che non ce la fanno più, agli sconfitti della vita. Ed è un annuncio che Dio sta dalla loro parte, che non devono smettere di lottare, che la loro dignità è garantita. La Sapienza che aveva “percorso il giro del cielo, passeggiato nelle profondità degli abissi …” inizia a portare la salvezza a partire dagli ultimi.
  4. A questo lieto annuncio Gesù restò fedele fino alla fine, ridando speranza persino a un delinquente che moriva al suo fianco. A questo lieto annuncio devono essere fedeli la Chiesa e i cristiani se solo vogliono percorrere le strade del loro Signore. Se siamo realmente preoccupati di far ritrovare alla Chiesa il suo smalto dobbiamo operare affinché appaia senza ombra di dubbio che il Vangelo è destinato agli esclusi, ai perdenti. Poi ci saranno gli scandali, le infedeltà degli uomini e delle donne di Chiesa. Ma ciò che salverà la Chiesa, ciò che la farà apprezzare, ciò che la renderà simpatica e convincente, sarà il suo stare con gli ultimi della storia. Quelli che forse faticheranno a capire altre parole, ma non quella della salvezza, che è la più importante: “non siete gli scartati della storia, siete i destinatari privilegiati del Vangelo e noi non vi lasceremo soli”.

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