- C’è ancora sapore di Natale in questa festa della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Un Natale che smette subito di essere dolce poesia e si trasforma in amara prosa, visto che la follia di Erode costrinse da subito Giuseppe a diventare profugo con Maria e Gesù, a farsi straniero, migrante, richiedente asilo. Ma la festa di oggi è preziosa anche per aiutarci a capire sempre meglio in che modo il disegno di bene che Dio ha sull’umanità sia passato e passi ancora oggi attraverso le dinamiche di questa sinfonia di diversi che è la famiglia, che non è stata inventata dalla chiesa, ma che la chiesa ha trovato nell’esperienza dell’umanità e l’ha illuminata proprio a partire dal fatto che il Dio in cui crede in una famiglia ci è entrato, ci è vissuto, ci è cresciuto per lunghi anni.
- Nella bibbia non troverete mai un discorso in generale sulla famiglia, ma piuttosto delle storie concrete, felici e drammatiche. E la storia della sacra famiglia è storia di un viaggio, di un viaggio-fuga di Giuseppe e Maria con il loro bambino, un viaggio che parla di sradicamenti: è una famiglia che vive sulla sua pelle il dramma che milioni e milioni di famiglie vivono oggi. Prima un viaggio verso un’altra terra, poi il ritorno alla propria terra. Viaggio verso un’altra terra, perché c’è un agguato di morte. E Dio viene con un angelo nel sonno a comandare una fuga. Realtà sotto i nostri occhi, cose dei nostri giorni. Fughe da terre, perché l’alternativa nella propria terra è la morte. Morte di guerra o di fame o di libertà, ma sempre morte. E Dio non è per la morte. E a volte mi domando se nei sogni di tanti che decidono di partire non ci sia il passaggio dell’angelo, come quel giorno a Betlemme. E noi, se abbiamo occhi per la famiglia migrante di Nazaret, come potremmo non averne per le famiglie migranti di oggi? Che ne dite, non sarebbe schizofrenia?
Ogni volta che sosto su questo brano, di fuga e ritorno dall’Egitto, mi viene spontaneo anche pensare come ogni indicazione di Dio – “Va’ in Egitto… Va’ nella terra di Israele” – chieda poi un prendersi cura, una assunzione di responsabilità da parte di Giuseppe: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre”. Dunque, alle nostre famiglie nel concreto tocca il compito di ascoltare i sogni della notte, forse anche le preoccupazioni della notte, leggervi la Parola di Dio, una indicazione di orizzonte: l’Egitto, la terra di Israele. Ma poi – lasciatemi dire – il resto è affidato a te. La via di fuga la devi studiare tu, Giuseppe. - E allora, dopo aver tanto parlato di Maria nei giorni del Natale, lasciatemi sostare un po’ su Giuseppe, sulla figura del padre, sul suo ruolo, su quello che fu di Giuseppe, su quello che appartiene ad ogni padre sulla terra. Una figura che emerge certamente dal vangelo di Matteo tutto centrato su Giuseppe e sui suoi sogni, cioè sulla capacità di scrutare le tenebre, visto che il ruolo di un padre non è mai così limpido, le scelte non sono mai così chiare. E allora ti devi barcamenare, devi andare a tentoni, cercando di tenere insieme tutti i pezzi, tutti i particolari che una vita di famiglia porta con sé: la casa, il lavoro, la scuola, i rapporti con la madre dei tuoi figli, con i parenti, con le altre agenzie educative, con la salute, …
Come anticipazione di Giuseppe, il libro del Siracide ci presenta la figura di Mosè, un altro grande padre di Israele, che non ebbe per questo vita facile. Il Siracide afferma che “gli fece udire la sua voce, lo fece entrare nella nube oscura”, perché quando accetti il ruolo di padre non pensare mica che le cose poi saranno sempre così chiare. Dio parlava con Mosè (il Deuteronomio dice “faccia a faccia”), ma Mosè dovette “entrare nella nube oscura” ed è quello che accade a ciascuno di noi ogni volta che devi fare delle scelte che sono solo tue, quando ti trovi solo, quando gli altri ti criticano. Per questo mi piace accostare Mosè a Giuseppe che dovette imparare ad ascoltare Dio che gli parlava nel sogno e che nel pieno del pericolo e dell’incertezza si prese cura di Gesù, lo custodì e accettò di entrare nella nube oscura della non conoscenza. Chi era quel bambino che era nato a sua moglie, Maria? Per quale motivo le forze del male si scatenavano contro di lui? Come difenderlo, come fuggire, quando ritornare, dove ritornare? - Un’ultima annotazione. La famiglia è, nelle situazioni di rischio per la stessa sopravvivenza, la prima e più sicura protezione. E i tempi difficili che viviamo hanno allargato lo spazio del suo prezioso intervento. Pensiamo ai giovani senza stabile occupazione e nell’impossibilità di metter su famiglia, pensiamo agli anziani soprattutto se non autosufficienti: senza la famiglia non avrebbero né presente né futuro, ma solo l’anonimato di una corsia di lunga degenza. Allora mi permetto di suggerirvi: ritornando a casa e riunendo la famiglia attorno alla tavola, dite insieme prima del pasto una preghiera di ringraziamento, per le nostre famiglie.
III Domenica dopo l’Epifania 2022Messa degli Oratori del Decanato
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