Ultima Domenica dopo l’Epifania 2022 – del perdono

  1. Questa ultima domenica dopo l’epifania – e dunque prima dell’inizio del tempo di quaresima – viene detta, nel rito ambrosiano, la domenica del perdono. Una domenica in cui Gesù continua a manifestarsi, a farsi conoscere. Ad una condizione: avere nel cuore la bella curiosità che abitava Zaccheo e che “cercava di vedere chi era Gesù”. Un tema, il perdono, assieme a quello della misericordia, sempre bisognoso di precisazione. Dire che Dio perdona, che Dio è misericordioso, non significa che sia un bonaccione superficiale. La “misericordia” è cosa maledettamente seria e impegnativa, proprio perchè non nega il male, ma di fronte al male si chiede quale sia la strategia più saggia per contrastarlo, per sconfiggerlo, per trasformarlo in bene. Diciamocelo francamente: la logica della vendetta, del rispondere colpo su colpo, del “chiudere la cella e buttare via la chiave”, nella storia dell’umanità come della vicenda di ciascuno di noi, non ha mai portato a niente di buono. Se non ad un incancrenimento dei rapporti e dei conflitti. Ecco perchè il Dio della Bibbia si diverte a mostrarsi diverso da noi, certamente più furbo: perchè lui è interessato non tanto a punire il peccatore, ma a fargli venire la voglia di cambiare, a renderlo consapevole che il male che lui compie non danneggia solo gli altri, ma lui stesso. E commenta papa Francesco: “Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo a essa rischia di distruggerla”.
  2. Dopo questa lunga premessa, veniamo alle belle letture che abbiamo ascoltato. In particolare, è affascinante la prima, tratta dal libro del Siracide, che giustifica l’essere misericordioso di Dio con la misera condizione dell’uomo. È come se Dio si commuova davanti alla pochezza della condizione umana e gli rivolga uno sguardo di particolare pazienza e benevolenza. Un Dio che “rimprovera, corregge, ammaestra”, ma con l’unico obiettivo di rendere più bella la vita degli uomini, non di umiliare il peccatore, ma di scatenare in lui il desiderio di rimettersi in cammino (v. II lettura). 
  3. Ma il capolavoro di questa liturgia è senza dubbio la pagina immortale che narra dell’incontro tra Gesù e Zaccheo, capo degli esattori delle tasse per conto dei Romani nel territorio di Gerico. Gerico per gli ebrei rappresentava la porta di ingresso nella terra promessa al termine dell’esodo. Gesù stesso sta per entrare in quella terra promessa che sarà la sua vita di risorto: da Gerico salirà a Gerusalemme dove vivrà gli ultimi giorni della sua esistenza terrena. Ma prima di entrare in quella terra promessa entrerà in un’altra terra rappresentata dalla casa di Zaccheo, una terra immonda che agli ebrei per bene non era lecito frequentare al punto che “tutti mormoravano: è entrato in casa di un peccatore”. Mormoravano, ma non capivano che quello era il motivo per cui Gesù era venuto tra gli uomini, quello di andarli a stanare al cuore della loro miseria per contaminarsi con loro e far loro scoprire che Dio non è un nemico dal quale scappare, un padrone dal quale nascondersi. Pensate: il testo dice “è entrato in casa”, ma il verbo usato dovrebbe essere tradotto con “è entrato a riposare…”. Alloggiare in casa di un peccatore, questo è il riposo che Dio sta cercando dal giorno della creazione del mondo. In fondo noi a Dio non possiamo regalare niente che Lui non abbia già, tranne una cosa: dargli gioia col chiedergli perdono. Sant’Ambrogio, meditando sul racconto della creazione scrive “Non leggo nella Bibbia che Dio si sia riposato quando creò il cielo e la terra o le piante e gli animali; leggo che si è riposato quando creò l’uomo perché finalmente aveva trovato uno cui potesse perdonare”. 
  4. E dal perdono, la conversione, il cambiamento. Non dalla condanna, non dalla vendetta, non dalla giustizia retributiva può venire la voglia di cambiare, ma solo da un cambiamento di sguardo: Dio non è il giudice implacabile che spesso abbiamo raccontato, ma colui che viene “a cercare e salvare ciò che è perduto”. Zaccheo pensava di essere lui a “cercare di vedere Gesù” e invece scopre che era Gesù che lo cercava dall’eternità per fargli capire che ci poteva essere una vita diversa, anche per un corrotto come lui. Zaccheo doveva capire che doveva scendere dall’albero perchè su un altro albero – quello della croce – da lì a pochi giorni ci sarebbe salito Gesù.
    E lo comprese a tal punto che arriva ad affermare: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni che possiedo ai poveri e se ho rubato a qualcuno restituisco quattro volte tanto”.
    Non glielo aveva imposto Gesù a Zaccheo. A Zaccheo, vedendo Gesù nella sua casa, venne spontaneo tutto questo: gli nascevano pensieri dal cuore, li seguiva! Niente imposizione – dovremmo ricordarcelo! – tutto nasceva dalla tenerezza, dallo sguardo con cui si sentì inaspettatamente cercato da Gesù.
  5. Chissà se noi lo abbiamo capito. Che a cambiare persone e situazioni non sono gli occhi che fulminano o inceneriscono, ma quelli in cui vedi baluginare fiducia, tenerezza, misericordia.

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