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I Domenica di Quaresima – delle tentazioni
- È bello pensare alla quaresima come un “ritorno”. Ce lo suggerisce la lettura del profeta Gioele quando esorta: «ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Dicevo che è bello immaginare la quaresima come un “tornare a casa”, quella casa che è il rapporto bello con un Dio che – dopo Gesù – abbiamo imparato a chiamare con il nome di “papà”, una casa in cui essere riconosciuti e voluti bene per quello che siamo.
Lo aveva capito Gioele che non si ritorna a casa per paura: Dio non è un padrone vendicativo, ma un padre “misericordioso e pietoso”. Il tono delle parole di Gioele non è di minaccia, ma di incoraggiamento: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti. Perché si dovrebbe dire fra i popoli: Dov’è il loro Dio?». Israele viveva un periodo di profonda umiliazione, aveva perso la sua identità nazionale, era disperso fra le genti, non aveva più il Tempio. Il profeta invita il popolo a cambiare, a tornare, perchè questa conversione possa dare ad Israele una nuova stagione di prosperità. Non c’è la minaccia di un castigo, c’è la promessa di un futuro più bello.
Ha senso tornare a casa proprio perchè si è sperimentato che a stare lontano dal Signore poi ci si perde. E per questo motivo, nella tradizione ambrosiana da sempre il portale che introduce ai quaranta giorni che conducono a Pasqua è rappresentato dalla pagina delle tentazioni sulla quale ora andiamo a soffermarci.
- Sappiamo bene che questa pagina è un “portale” che introduce Gesù nella sua vita pubblica. Tutti gli evangelisti sono concordi nel raccontare di questa specie di “esercizi spirituali” cui Gesù si sottopone, per quaranta giorni, prima di incominciare la sua missione. Lo scopo era evidente: Gesù doveva decidere in che modo essere “messia”, doveva decidere in che modo mostrare il suo essere “Figlio di Dio prediletto” come era stato proclamato nel battesimo del Giordano. Le tentazioni stanno a dire che non è stata proprio una passeggiata, che da quel giorno in avanti tutta la sua vita è stata una lotta, un’agonia, contro le forze del male che gli proponevano subdolamente non di fidarsi del Padre, ma di fidarsi di altri idoli, di percorrere altre strade apparentemente più gratificanti.
Tre sono gli idoli contro cui Gesù deve combattere: quello della ricchezza e del benessere; quello del potere sulle persone; quello delle opere miracolose. Ma attenzione: sono idoli ancora più pericolosi perchè avvolti da un significato religioso. C’era di mezzo la missione di Gesù, il fine era buono: il tentatore dice a Gesù, “guarda che tutto è a fin di bene, le pietre trasformate in pani sono per sfamare la gente; fare grandi gesti, compiere miracoli straordinari serve a convincere le persone che tu sei quello giusto; il potere che io ti darò ti permetterà di compiere tutto il bene che hai in mente, ecc.”. Gesù non è tentato di farsi i fatti propri, di godersi la vita fregandosene degli altri, di pensare ai propri interessi. Gesù è tentato di cercare una strada facile, capace di imporsi sugli uomini, di bloccare ogni ribellione, ogni rifiuto. Capite dove stava il rischio: quello di trattare gli uomini come burattini, di privare gli uomini della loro libertà, di costringerli ad amarlo a tutti i costi: ci ha dato da mangiare gratis, ha compiuto grandi miracoli, domina su tutti noi…
- La risposta di Gesù fu la risposta più impegnativa. Certo, lui aveva il potere stesso di Dio, ma non lo avrebbe mai usato per costringere gli uomini ad amarlo. Lui sapeva che noi avevamo assolutamente bisogno di lui, ma insieme non avrebbe sopportato di estorcere con la forza, con la potenza il nostro amore per lui. Lui aveva nelle sue mani il potere stesso di Dio, ma non lo avrebbe mai usato per umiliare la nostra libertà. Lui aveva bisogno del nostro amore, ma lo voleva libero, spontaneo, mai imposto. La sua risposta fu impegnativa perchè fu quella che lo porterà in croce e a rimanerci fino in fondo, malgrado tutti lo sfidavano a far vedere chi era, a mostrare i suoi poteri, …
- Ma fu una risposta impegnativa anche per noi, perchè da quel momento a nessuno dei suoi amici sarebbe stato più permesso di cedere a queste tentazioni che assumono forme sempre nuove e affascinanti. Tentazioni che rendono ciascuno di noi e la Chiesa tutta un po’ schiavi, bisognosi di liberazione. E allora guardiamo al tema di questa quaresima: “per una chiesa libera dagli stili di vita del mondo” tra i quali il dominio del mito dell’individualismo, del fare da soli, del pensare al mio interesse ignorando chi mi sta intorno. Individualismo che si oppone a quel senso di fraternità difficile cui la nostra fede dovrebbe condurci. Individualismo anche nella nostra esperienza cristiana fatta di tante devozioni che fanno dimenticare che il rapporto con il nostro Dio deve passare attraverso la fatica di guardare ad ogni uomo/donna come ad un fratello/sorella. Scriveva il nuovo priore di Bose: “La fraternità è un cammino, una scoperta e un dono. Richiede lotta, perché la paura della morte – quella ferita originaria che fa dell’essere umano la creatura più debole e per questo anche più creativa – lo spinge con forza a lottare contro l’altro per sopravvivere. Il più grande inganno che la paura della morte ci instilla è infatti proprio quello di convincerci che l’altro ci toglie la vita; invece è l’altro che ci dà vita”.
- Dicevo che nella vita di fede non è mai finita. Per dire che la vita di fede non potrà mai essere affidata allo spontaneismo, al sentimento, all’umore. Paolo nella seconda lettura parla di “disciplina” sportiva che significa progettazione, intenzione, obiettivi, rinunce, scelte, decisioni, …
Ciascuno conosce se stesso e ciascuno è chiamato a prendere quegli impegni – magari piccoli, ma praticabili – da tenere davanti agli occhi per tutto il tempo di quaresima, da verificare con il proprio confessore.
Le scelte possono essere diverse. L’obiettivo è evidente ed uguale per tutti: tornare a mettere Dio al primo posto, anche prima dei nostri gusti, dei nostri capricci, delle nostre ideologie.
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