II Domenica di Pasqua – In albis depositis

  1. Il titolo di questa domenica dopo Pasqua ci ricollega all’antica prassi della chiesa che celebrava i sacramenti dell’iniziazione cristiana nella notte di Pasqua rivolgendosi a persone adulte che per una settimana vestivano l’abito bianco che gli veniva consegnato come segno della nuova dignità di figli di Dio. Dopo quella settimana, nella domenica successiva, se lo toglievano, lo deponevano (di qui il titolo) perché ormai il loro stile di vita, il loro modo di agire e di pensare avrebbe dovuto mostrare una qualche differenza a quanti li conoscevano e li incontravano. Anche a noi il giorno del nostro battesimo ci è stata consegnata una vestina bianca che in questa occasione è lecito chiedersi … che fine ha fatto, quanto la onoro col mio stile di vita, in che cosa sono riconoscibile come uno che appartiene a Gesù?
  1. Ma venendo al Vangelo di questa domenica, non possiamo non accostarlo senza coltivare una grande simpatia per il protagonista del racconto, quel Tommaso che purtroppo è diventato sinonimo di malfidente, sospettoso, incredulo. In realtà, a Tommaso dobbiamo dire proprio grazie, per almeno tre motivi.
  1. Il primo è che grazie a questo racconto, noi siamo confermati nel ritenere che i Vangeli non sono stati inventati. Se lo fossero stati, i capi e le figure di spicco di quella realtà che nacque dopo la Pasqua di Gesù – la chiesa – sarebbero stati presentati come delle figure irreprensibili e senza difetti. E invece, chi scrisse i Vangeli non si è vergognato di mostrare i limiti e le umanissime debolezze di quanti, malgrado la scelta di Gesù, nonostante il tirocinio cui li sottopose, al momento decisivo si mostrarono pieni di difetti e di meschinità … E così, possiamo dire grazie a Tommaso, perché con lui ci troviamo in buona compagnia, ritroviamo in lui le nostre incertezze, le fatiche che segnano la nostra fede.
  1. Ma c’è un secondo motivo per cui dobbiamo dire grazie a Tommaso: probabilmente non credette alle parole dei discepoli che erano presenti in occasione del primo incontro con Gesù risorto (la sera di quel giorno) per la loro scarsa affidabilità. In fondo, come potevano essere credibili le parole degli altri apostoli: annunciavano una cosa strepitosa e travolgente, ma quell’annuncio veniva da uomini che poche ore prima si erano coperti di infedeltà vergognose. Pietro aveva rinnegato, Giuda – ormai morto – lo aveva tradito e venduto, gli altri al momento dell’arresto erano scappati come conigli. Dunque, quale credibilità potevano pretendere? E allora ringraziamo Tommaso, perché ci ricorda che l’annuncio della Pasqua di Gesù deve poter fare i conti con una chiesa impegnata in un cammino di serietà e di coerenza. In fondo, la ricerca dei segni dei chiodi e della lancia sul corpo di Gesù che cosa è se non il desiderio di vedere – nel corpo di Gesù che è la chiesa – le tracce di una dedizione, di una passione per l’umanità senza la quale qualsiasi annuncio, anche il più bello, perde di credibilità.
  1. Infine, un terzo motivo di gratitudine nei confronti di Tommaso e della sua ritrosia a fidarsi dei suoi amici, ci viene dal fatto che – a seguito dell’incontro con il Risorto – Gesù inventò una beatitudine da aggiungere alle altre che ben conosciamo e che potremmo così tradurre: “Beati voi e quanti non hanno visto i segni della passione nel mio corpo, eppure credete che proprio io, l’uomo della croce, sono il Risorto”. Noi crediamo anche grazie a Tommaso e al suo dito che, esitante, sfiora la ferita ancora aperta. Noi crediamo, ci fidiamo delle parole degli apostoli che, malgrado i loro tradimenti e meschinità, da quelle ferite furono trasformati. Tommaso stesso, da cinico ed incredulo, diventerà testimone del Risorto fino agli estremi confini della terra. Secondo la tradizione arriverà fino in Persia ed in India dove, per le piaghe di Gesù, verserà il suo sangue nel martirio.
    Benedetto sia san Tommaso e la sua incredulità…

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