1° MOMENTO – PER INTRODURCI
CANTO INIZIALE
SALUTO
Cel. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Tutti Amen
Cel. Il Signore che guida i nostri cuori nell’amore e nella pazienza di Cristo, sia con tutti voi
Tutti E con il tuo Spirito
INTRODUZIONE DEL TEMA
INVOCAZIONE ALLO SPIRITO
Con le parole di fr Charles
Lettore: Poiché tu sei sempre con noi, mediante l’immensità della tua essenza, custodiamo incessantemente il pensiero della tua presenza con rispetto, con amore, con gioia,
Tutti: parliamo incessantemente a Colui che è sempre in noi, con noi, preghiamolo incessantemente, guardiamolo incessantemente, sforziamoci incessantemente di non fargli dispiacere, di piacergli sempre il più possibile.
Lettore: Poiché tu sei sempre con noi mediante la tua scienza, cerchiamo di piacere incessantemente a colui che amiamo e che incessantemente ci vede, di provare lungo tutti gli istanti della nostra vita il nostro amore a questo beneamato che incessantemente ci guarda,
Tutti: di essere in pensieri, parole e azioni, in tutti gli istanti della nostra vita, quel che vuole che siamo il divino beneamato.
Lettore: Poiché tu sei sempre con noi mediante la tua Provvidenza, che ci protegge, ci sostiene incessantemente, stiamo incessantemente con te, mediante la nostra riconoscenza;
Tutti: la nostra anima sia piena di gratitudine, o mio Dio, e questa gratitudine continua trabocchi in tutta la nostra vita.
2° MOMENTO – PER ADORARE
ESPOSIZIONE EUCARISTICA
CANTO DI ESPOSIZIONE
BREVE SILENZIO DI ADORAZIONE
3° MOMENTO – PER ASCOLTARE
La vita di Nazaret
«Il Vangelo mi fece vedere che “il primo comandamento è di amare Dio con tutto il cuore” e che bisognava tutto racchiudere entro l’amore; ognuno sa che l’amore ha per primo effetto l’imitazione; perciò, non rimaneva che entrare nell’ordine religioso in cui avrei trovato la più esatta imitazione di Gesù. Io non mi sentivo fatto per imitare la sua vita pubblica nella predicazione; dovevo dunque imitare la vita nascosta dell’umile e povero operaio di Nazaret. Mi pareva che nulla mi offrisse questa via meglio della Trappa».
Il desiderio di vivere come Gesù a Nazaret nasce in Charles insieme alla sua conversione. Ascoltando un’omelia dell’abbé Huvelin nel 1888, una frase s’imprime nel suo cuore: «Gesù ha talmente preso l’ultimo posto che nessuno mai potrà strapparglielo». Queste parole lo conducono nello stesso anno alla stalla di Betlemme e ai luoghi abitati da Gesù, alla semplicità della vita familiare, nel piccolo e anonimo villaggio di Nazaret.
All’inizio di gennaio del 1889 arriva a Nazaret e là scopre, come scriverà a uno dei suoi cugini, “l’esistenza umile e oscura del Dio operaio a Nazaret”. Charles è conquistato dal mistero dell’umiltà di Dio e non smetterà di contemplarlo durante tutta la sua vita. Se la vita di Gesù a Nazaret ha occupato trenta dei trentatré anni vissuti su questa terra … non può che essere rilevante: «Nazaret è la vita di Gesù, non semplicemente la sua prefazione. È la missione redentrice in atto, non la sua mera condizione storica». (Sequeri)
Presenza nascosta
Dio, l’infinito, il creatore entra nella storia attraverso le pieghe della vita quotidiana; lo straordinario penetra l’ordinario in un mistero di amore e umiltà infiniti: è questo il mistero di Nazaret, mistero di Dio che ama tanto la piccolezza da racchiudersi nel grembo di una donna.
L’amore spinge a uscire, a incontrare: la visitazione è «l’amore del Cristo che spinge» (2Cor 5,14). Questa pagina biblica lo accompagna nella sua maturazione spirituale. La medita negli anni in cui vive a Nazaret (1897-1900), dove ricerca il nascondimento e il silenzio – solo, con Dio solo -, trascorrendo molte ore davanti all’eucaristia, dove comprende sempre più il mistero della visitazione:
«[Il Signore dice:] Prima ancora di nascere, mi sono messo a lavorare a quest’opera: la santificazione degli uomini […] e spingo mia Madre a lavorare insieme con me. E non spingo soltanto lei, fin dal primo momento che mi porta in sé, verso quest’opera di santificazione universale: spingo anche tutte le anime cui mi dono. Alle anime del silenzio, della vita nascosta, che vivono lontano dal mondo, nella solitudine, io dico: Tutti voi, impegnatevi a santificare il mondo, impegnatevi con mia Madre, senza parole, in silenzio […] predicandolo non con la bocca, ma con l’esempio. Non annunciandolo, ma vivendolo. Santificate il mondo, portatemi al mondo, o anime care, anime nascoste e silenziose, come Maria mi condusse da Giovanni».
Questa stessa pagina di Vangelo apre il suo cuore agli ultimi, suscitando in lui il desiderio del sacerdozio per rendere presente Gesù a chi non lo conosce e sta all’estrema periferia del mondo. Nasce così anche il desiderio di vivere, ultimo tra gli ultimi, nel deserto del Sahara per portarvi Gesù, come ha fatto Maria: «Quando ci siamo comunicati, egli è dentro di noi come era dentro di te col suo corpo; sempre dentro di noi come lo fu anche dentro di te con la sua essenza divina. […] Insegnaci a portarLo col tuo stesso amore, col tuo raccoglimento, con la tua contemplazione, con la tua adorazione continua».
Abitare Nazaret
Il più grande desiderio di fratel Charles è imitare i trent’anni trascorsi da Gesù in una vita umile, discreta e laboriosa. Anni di silenzio, di nascondimento, in cui il mondo non conosce il Messia e di cui nemmeno i Vangeli parlano, perché non ci sono notizie rilevanti, degne di essere tramandate. Anni in cui egli conduce la vita della maggior parte delle persone: vita di relazioni familiari, di vicinato, di amicizie, di studio e preghiera. A Nazaret Gesù impara il mestiere di Giuseppe e lavora con lui nella bottega; sull’esempio di Maria e Giuseppe, impara a pregare; di sabato, come ogni ebreo, va alla sinagoga; ogni anno in occasione della Pasqua ebraica compie con Maria e Giuseppe il pellegrinaggio a Gerusalemme (cfr. Lc 2, 41).
Trent’anni di vita apparentemente inutile ma in cui è racchiuso il mistero dell’incarnazione, il mistero di Dio che, per farsi vicino anche agli ultimi, sceglie di vivere la vita di tutti. Trent’anni in cui conosce la fatica del lavoro manuale, rendendosi solidale al popolo senza cultura, senza potere, ai poveri del mondo di tutti i tempi, rendendo santo l’ordinario.
I trent’anni di Gesù a Nazaret sono, perciò, già tempo di salvezza e di redenzione: «Ci hai messo solo tre anni a insegnare la verità al mondo, mio Dio, a fondare la tua Chiesa, a formare i tuoi apostoli; ma hai giudicato che non era troppo consacrarne trenta a predicare agli uomini l’esempio dell’umiltà, dell’abbassamento, della vita nascosta».
A Nazaret Gesù è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, che coltiva nella quotidianità la comunione unica e profonda col Padre e, allo stesso tempo, vive totalmente incarnato, come «Operaio di Nazaret». Fratel Charles ama la dimensione domestica che Nazaret racchiude in sé, il silenzio, il raccoglimento, il lavoro umile: «Rimaniamo insieme a lui nel posto in cui è rimasto per trent’anni… rimaniamo insieme a lui nell’umile casa di Nazaret, operai, artigiani, vivendo col lavoro di un umile mestiere… oscuri, nascosti, raccolti, in questo ritiro, in questa solitudine, in questo silenzio… amiamo e imitiamo».
Negli anni trascorsi a Nazaret dopo essere uscito dalla Trappa, Charles conduce una vita di clausura, dividendo la giornata tra preghiera e lavoro, custodendo lunghi tempi di silenzio ai piedi del tabernacolo, quasi in costante ritiro. In questo periodo, il suo progetto prevede di imitare la vita di Nazaret alla lettera, fin nei più piccoli dettagli, perché «la rassomiglianza è la misura dell’amore». A poco a poco però maturerà un’immagine diversa di Nazaret, meno claustrale, più flessibile e aperta all’ospitalità.
Charles decide così di lasciare Nazaret, di diventare sacerdote e dedicarsi agli ultimi del Sahara, dove «continuare “la vita nascosta di Gesù a Nazaret”, non per predicare, ma per vivere nella solitudine, nella povertà, nell’umile lavoro di Gesù, cercando al tempo stesso di fare del bene alle anime, non con la parola, ma con la preghiera, l’offerta del Santissimo Sacrificio, la penitenza, la pratica della carità». Compreso che Nazaret è dappertutto, egli diviene “fratello universale”: unisce cioè la prossimità della fede domestica all’universalità di comunione con i più emarginati e dimenticati del mondo.
Nel deserto dell’Hoggar, a Tamanrasset, vive dedicandosi al popolo tuareg, lavora generosamente ma senza preoccuparsi di dover “fare”, tantomeno di convertire qualcuno, convinto che
«tutta la nostra vita, per quanto muta essa sia, la vita di Nazaret, la vita del deserto, la stessa vita pubblica devono essere una predicazione del Vangelo fatta con l’esempio. Tutta la nostra esistenza, tutto il nostro essere deve gridare che noi apparteniamo a Gesù, deve presentare l’immagine della vita evangelica. Tutto il nostro essere deve diventare una predicazione viva, un riflesso di Gesù, un profumo di Gesù».
Charles persevera in una vita di apparente inutilità, perché sa che è la presenza che parla, che è la presenza che salva, come è stato per Gesù:
«Come passo il tempo? A pregare il buon Dio; a creare legami e far progredire moralmente, materialmente, intellettualmente, i miei vicini; a fare dei dizionari, delle grammatiche, delle raccolte di testi di lingua tuareg che permetteranno ai Francesi, missionari, militari, civili, laici d’intrattenere rapporti facili con la popolazione tuareg. Non faccio nessun discorso, nessuna predica, nessuna scuola; non parlo che a tu per tu; consiglio a tu per tu, dando a ciascuno quello che credo sia capace di ricevere, ad alcuni senza consigliare niente e contentandomi di fare elemosine; non è la semina del Vangelo, è il dissodamento preparatorio. I miei giorni passano in fretta, sono molto felice».
Lo “stile Nazaret”
Il bisogno di raggiungere l’ultimo posto spinge Charles ad abbandonare la Trappa per abitare in Terra Santa. Su consiglio del suo direttore spirituale, l’abbè Huvelin, vive presso il monastero delle Clarisse, più precisamente all’ombra del monastero, nella minuscola capanna degli attrezzi del giardiniere. È vestito come un povero e compie i servizi più umili come domestico per le monache.
«Mi sono stabilito a Nazaret… il Buon Dio nella sua bontà mi ha fatto trovare qui, per quanto è possibile, tutto ciò che cercavo: povertà, solitudine, abiezione, lavoro umilissimo, oscurità completa, l’imitazione, perfetta nella misura del possibile, di ciò che fu la vita del Signore Gesù in questa stessa Nazaret… Ho abbracciato qui l’esistenza umile e oscura di Dio, operaio di Nazaret».
Non è, però, solo la rinuncia materiale ciò che egli cerca: la sua idea di povertà si articola su più livelli. Il primo, il più evidente, si esprime senza dubbio nell’essenzialità del vestito, dell’alloggio, nel compenso troppo scarso che riceve dalle monache per potersi mantenere… Non possiamo ritenere che la famiglia di Gesù abbia vissuto in uno stato di miseria, sappiamo che Giuseppe svolgeva un lavoro dignitoso: non si tratta quindi di povertà sociale, ma di quella povertà laboriosa che accomuna la maggioranza degli uomini di questo mondo, che non ricoprono ruoli di particolare prestigio e vivono senza fama come tanti altri.
Nella ricerca di Dio Charles riconosce il proprio limite creaturale e contempla l’amore infinito di un Dio che si spoglia di se stesso per essere una cosa sola con l’uomo. È l’abbassamento, l’umiltà descritta da san Paolo nella Lettera ai Filippesi: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,5-8).
Fratel Charles desidera la stessa abiezione di Gesù, il suo abbassamento, in una costante ricerca dell’ultimo posto in cui rimanere volentieri, perché è quello scelto da Gesù: «Più scenderò, più starò con Gesù». L’esempio è il maestro che si fa servo: «Discese: per tutta la vita non ha fatto che scendere: mettendosi sempre all’ultimo posto, “quando siete invitati a un banchetto, sedetevi all’ultimo posto” (Lc 14,10), ed è ciò che Lui stesso ha fatto dal suo ingresso al banchetto della vita, fino alla morte».
Nella vita quotidiana la povertà si declina in tanti piccoli servizi, a volte piccolissimi. Nei regolamenti che pensa per la congregazione che vorrebbe fondare scrive:
«Lavare la biancheria dei poveri. […] Fare, per quanto mi è possibile, io, e non un altro, tutti i bassi uffici della casa, la pulizia dei gabinetti, dei locali occupati dagli indigeni, tutto ciò che è “servizio” e rassomiglia a Gesù che in mezzo agli apostoli era “come colui che serve” (Lc 22,27). E siamo dolcissimi con i poveri e con tutti gli uomini: anche questo è umiltà… Cucinare per i poveri, portare loro da bere, da mangiare».
L’ultimo posto
Nell’ultimo posto che ardentemente cerca, fratel Charles arriva ad abitare il più profondo deserto del Sahara, tutto dedito ai tuareg, dimenticato tra i dimenticati, morendo ucciso quasi per sbaglio durante una rapina al fortino, solo, «disarmato e muto dinanzi all’ingiustizia come Lui, lasciandomi, come l’Agnello divino, tosare e immolare senza far resistenza né parlare, imitando in tutto GESÙ a Nazaret e GESÙ sulla Croce». Egli muore nella docilità, nell’amore, sapendo che «Dio costruisce sul nulla. È con la sua morte che Gesù ha salvato il mondo; è con il niente degli apostoli che ha fondato la Chiesa; è con la santità e nel nulla dei mezzi umani che si conquista il cielo e che la fede viene propagata».
4° MOMENTO – PER PREGARE INSIEME
(Preghiamo tutti assieme con le parole di fr Charles)
Padre mio,
io mi abbandono a te,
fa’ di me ciò che ti piace;
qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature;
non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle tue mani;
te la dono, mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me una esigenza d’amore il donarmi,
il rimettermi nelle tue mani senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché tu sei il Padre mio.
Cel. Introduce il Padre nostro
T. Padre Nostro
COMUNIONE
BENEDIZIONE
Cel. Preghiamo
O Dio, che in questo sacramento della nostra redenzione
Ci comunichi la dolcezza del tuo amore,
ravviva in noi l’ardente desiderio
di partecipare al convito eterno del tuo regno.
Per Cristo nostro Signore.
Tutti Amen
Cel. Il Signore sia con voi
Tutti E con il tuo Spirito. Kyrie eleison (3v)
Cel. Diamo lode al Signore
Tutti Rendiamo grazie a Dio
CANTO DI BENEDIZIONE
Cel. Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Tutti Amen
CANTO FINALE
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