1° MOMENTO – PER INTRODURCI
CANTO INIZIALE
SALUTO
Cel. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Tutti Amen
Cel. Il Signore che guida i nostri cuori nell’amore e nella pazienza di Cristo, sia con tutti voi
Tutti E con il tuo Spirito
INTRODUZIONE DEL TEMA
INVOCAZIONE ALLO SPIRITO
Con le parole di fr Charles
Lettore: Non posso concepire l’amore senza un bisogno imperioso di conformità, di rassomiglianza, e soprattutto di partecipazione a tutte le pene, a tutte le difficoltà, a tutte le durezze della vita.
Tutti: Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.
Lettore: Dobbiamo essere persone di desiderio e di preghiera… Non consideriamo nulla impossibile: Dio può tutto.
Tutti: Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.
Lettore: Vedere in ogni persona Gesù e agire di conseguenza: bontà, rispetto, amore, umiltà, mitezza.
Tutti: Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.
Lettore: Essere caritatevoli, miti, umili con tutti: è questo quello che abbiamo imparato da Gesù.
Tutti: Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore.
2° MOMENTO – PER ADORARE
ESPOSIZIONE EUCARISTICA
CANTO DI ESPOSIZIONE
BREVE SILENZIO DI ADORAZIONE
3° MOMENTO – PER ASCOLTARE
Testimoni incarnati
Charles de Foucauld ha compreso che è incarnandosi nella storia, in un luogo e in un popolo ben preciso che Gesù ha redento l’umanità. Forte di questa intuizione, parte a sua volta per portare il Vangelo in un tempo ben preciso, fra un popolo lontano e abbandonato, in un luogo deserto che lo attira a sé per essere abitato dal Signore risorto.
Così Charles decide di attraversare il Sahara, fino a dove sarà possibile portare Gesù, come scrive alla cugina Marie de Bondy il 7 gennaio 1902: «Io voglio abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani, ebrei e idolatri a considerarmi come il loro fratello, il fratello universale».
Desidera, in fin dei conti, testimoniare lo stile della comunità apostolica, anche nel XX secolo, anche lontano dalla Terra Santa, anche da solo in mezzo ai tuareg, anche in mezzo all’incomprensione dei suoi, come Gesù e con Gesù.
Il segreto dell’apostolato
Guardando a Charles de Foucauld, restiamo disarmati davanti alla sua semplicità, perché Charles, dal momento della sua conversione, ha avuto un unico principio guida nella sua esistenza: seguire l’unica fonte di autenticità davvero esaustiva, Gesù. Nulla di più, nulla di meno.
Come ebbe a dire lui stesso: «Ho perduto il cuore per questo GESÙ di Nazaret crocifisso 1900 anni fa e passo la vita a cercare di imitarlo per quanto possa la mia debolezza».
La forza di questo amore l’ha attirato nel deserto, per parlare al suo cuore e per mostrare al mondo il cuore di Gesù, anche agli angoli della terra ancora sconosciuti, semplicemente abitandoli con lo sguardo fisso in cielo. «Si fa del bene non nella misura di ciò che si dice e di ciò che si fa, ma nella misura di ciò che si è; nella misura nella quale Gesù vive in noi». Si comprende così che imitare e amare Gesù per Charles sono state due declinazioni differenti della stessa realtà: la vita con Gesù. Ciò che diceva, viveva. Ciò che viveva, faceva. Questa circolarità è ben riassunta in una pagina del suo diario:
Il mio apostolato dev’essere quello della. bontà. Vedendomi, si deve dire: “Poiché quest’uomo è così buono, la sua religione deve essere buona”. Se si chiede perché io sono mite e buono, devo dire: “Perché io sono il servo di uno assai più buono di me. Se sapeste com’è buono il mio padrone Gesù” … Vorrei essere abbastanza buono perché si dica: “Se tale è il servo, com’è dunque il Padrone?”.
L’apostolo Charles vuole quindi mostrare con la sua vita ciò che più lo avvince del suo Signore: la bontà da cui lui stesso sente di essere stato inondato per tutta la vita e di cui non può fare a meno, che vede operante in ogni istante della vita di Gesù e che si sente irresistibilmente spinto a imitare.
La sua volontà apostolica lo spinge a dire: «Cominciano a chiamare la casa “la Fraternità”, e questo per me è dolce». Che Charles de Foucauld abbia realmente irradiato la bontà di Dio, la sola capace di toccare i cuori e orientarli a lui, emerge dalle parole del capo militare di Béni-Abbès: «Gli indigeni di questo territorio circondano il P. de Foucauld di una venerazione profonda. La sua generosità, la sua bontà, la sua abnegazione sono oggetto del loro stupore e della loro gratitudine». E lo stupore è il portale di ingresso nella vita di fede. La sua bontà piena di umiltà lo rende ospitale con tutti. Un tratto che ce lo fa sentire molto vicino. Con la sua esistenza ci mostra che è nella nostra Nazaret quotidiana che saremo imitazione di Gesù, che saremo suoi apostoli, è lì che ameremo come lui ci insegna e coltiveremo una vita spirituale intensa e autentica. A volte vorrà dire amare gli imprevisti, pazientemente. Altre volte vorrà dire «far entrare nel nostro cuore come se fosse l’unico amico, tutti coloro che ci sono vicino e che il Signore ha messo sulla nostra strada».
Una vita, una domanda
La vita di Charles de Foucauld interroga le nostre vite perché è stata semplice, fatta di prossimità, di lunghi anni trascorsi sostando fra la gente, dando una casa ai sentimenti che animano il cuore di Dio: la dedizione all’umanità, l’accoglienza scevra da pregiudizi, la mitezza del tratto, la quotidianità, coi suoi alti e bassi, costantemente riconsegnata al Padre. Ascoltiamo le parole di Charles:
Si tratta della evangelizzazione non per parola, bensì per mezzo della presenza del sacramento, l’offerta del divino Sacrificio, la preghiera, la penitenza, la pratica delle virtù evangeliche, la carità da una carità fraterna e universale, che condivide fin l’ultimo boccone di pane con qualsiasi povero, qualsiasi ospite, qualsiasi sconosciuto che si presentasse, e che accoglie ogni essere umano come un fratello amatissimo.
Si tratta di «vedere in ogni persona Gesù e agire di conseguenza: bontà, rispetto, amore, umiltà, mitezza, fare per Lui più che per me».
Preparare la via
Il metodo apostolico di Charles, la sua missione di testimone del Vangelo, prende concretezza nel trascorrere dei giorni, non è una ricetta preconfezionata; ciò che conta è trasmettere la bontà del Signore, il modo sarà la delicatezza indicata da Gesù-Messia:
I missionari isolati come me sono molto rari. Il loro compito consiste nel preparare la via, in modo tale che le missioni che li sostituiranno trovino una popolazione amica e fiduciosa, delle anime un poco preparate al cristianesimo e, se è possibile, qualche cristiano. […] La mia vita consiste nell’essere il più possibile in relazione con quanti mi circondano e di rendere tutti i servizi che posso. Via via che si stabilisce l’intimità, parlo, sempre o quasi sempre, faccia a faccia, del buon Dio, brevemente, dando a ciascuno ciò che può portare: fuga dal peccato, atto d’amore perfetto, atto di contrizione perfetta, i due grandi comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo, dovere della creatura di pensare a Dio ecc., dando a ciascuno secondo le sue forze e procedendo lentamente, con pazienza.
In un tale irradiamento testimoniale è insito un prezzo da pagare: bisogna dedicarvi molto tempo e molto impegno. Charles annota, a tal proposito: «Con stupore mi vedo passare dalla vita contemplativa alla vita del Santo Ministero. Vi sono condotto mio malgrado dal bisogno delle anime». Ancora una volta, vediamo come sia il desiderio di conformarsi alla volontà di Dio a modellare le sue scelte. Ecco allora che il tempo del nascondimento sfocia in un tempo denso di incontri per Gesù.
È un tempo di relazioni, in cui ogni interlocutore lascia e riceve un’impronta del regno. Proprio in questi incontri, fatti di sguardi, di silenzi, di condivisione, di rispetto, fratel Charles impara a conoscersi, guardandosi attraverso lo sguardo degli uomini e attraverso lo sguardo di Dio, riflesso nella preghiera e nell’adorazione eucaristica. Incontrando le varie sfaccettature del volto di Gesù che ogni suo interlocutore nasconde, egli trova conferma della propria vocazione: amare Gesù intensamente, perché ciò è la ragione della sua gioia.
Da questa gioia egli trae la forza di essere il “fratello universale” di ogni persona che il Signore metterà sulla sua strada. Charles non è si è spinto fino a Tamanrasset per nascondersi e vivere da eremita la propria chiamata, perché Nazaret non rappresenta solo il “nascondimento”, ma anche la frequentazione assidua della Parola, la preghiera, il lavoro, la condivisione della vita con gli abitanti del luogo, l’amicizia, in una parola la quotidianità così come lo è stato per la sacra famiglia: vivere l’ordinario della vita in modo straordinario.
Come Gesù, infine, Charles de Foucauld ha praticato l’eccedenza dell’ospitalità, amando ciascun fratello come se fosse unico e prediletto: «Un cristiano è sempre tenero amico di ogni essere umano; egli ha per ogni persona i sentimenti del cuore di Dio».
Parlare con la vita
Un testimone autentico parla con la vita e, via via che Charles de Foucauld trascorre il suo tempo nella contemplazione di Gesù, la sua esistenza si conforma sempre più a quella del maestro. Accostarci a questo singolare apostolo ci costringe a contemplare la bontà del Signore per noi, e a farne il principio di condivisione della vita della gente, così che sia la bontà ad attirarli a sé, non le nostre parole o i nostri slanci, più o meno eclatanti. Solo la prossimità e la capacità di vivere rapporti autenticamente fraterni fanno risplendere il mistero di Dio. Una bontà che emerge nel modo più comune di vivere e parlare
con gli altri, così come fratel Charles scrive in una meditazione sul brano della visitazione in cui riporta le parole di Gesù stesso, così come sono risuonate nel suo cuore durante un momento di intensa preghiera:
Lavorate alla santificazione del mondo, lavoratevi come mia madre, in silenzio; andate a stabilire i vostri luoghi di ritiro in mezzo a coloro che non mi conoscono: portatemi tra loro erigendo un altare, un tabernacolo, e portateci l’evangelo, non predicando con la bocca, ma predicando con l’esempio, non annunciandolo ma vivendolo; santificate il mondo, portatemi al mondo, anime ferventi, anime nascoste e silenziose, come Maria mi ha portato a Giovanni.
L’unico obiettivo di quest’uomo era far risplendere la bontà di Dio e ciò è stato percepito dagli abitanti del luogo, che lo chiamavano il “marabutto rosso”, l’uomo spirituale, “rosso” a motivo del cuore che portava cucito sulla veste. Il luogo da cui la bontà sgorga era il segno distintivo e di protezione, il lasciapassare del suo apostolato, che incuteva rispetto in chi lo vedeva, tanto da diventare il padre spirituale dei musulmani con cui ha condiviso l’esistenza.
Essi, infatti, vedendo in lui un testimone e non un uomo dedito al proselitismo, si affidavano alle sue preghiere, ai suoi consigli, alla sua protezione, alla sua fratellanza, sicuri di essere ospitati e accuditi dalla sua bontà. Che questo fosse il suo unico desiderio emerge dalle parole che scriveva alla cugina:
Desidero sapere cosa posso fare per gli indigeni: non bisogna parlar loro direttamente di Nostro Signore, perché significherebbe farli scappare. Occorre entrare in confidenza con loro, farseli amici, render loro piccoli servizi, stringere amicizia, dar loro buoni consigli, esortarli con discrezione a seguire la religione naturale, dimostrare che i cristiani vogliono loro bene… Gli uomini hanno soprattutto bisogno di essere amati, di essere riconosciuti, trattati come esseri umani e che siano rispettati tutti i valori che ognuno porta in sé. Per questo non basta dir loro “Vi vogliamo bene”, e non basta neppure far loro del bene. Bisogna esistere con loro nel senso più profondo della parola.
«Esistere con loro» e dimostrare il bene in una prossimità che, a tratti, Charles de Foucauld ha vissuto al prezzo dell’incomprensione e della solitudine: i suoi amici musulmani lo rispettavano, ma non ne condividevano la fede, nessuno si è convertito, nessuno ha abbracciato il Vangelo. Il suo apostolato è stato infruttuoso. Ma solo a uno sguardo superficiale. In realtà, si è rivelato capace di attrarre uomini e donne che, decenni dopo la sua morte, hanno trovato in quel modo di vivere con il maestro la forza per irradiare la bontà del Signore nel XX secolo, così segnato da orrore e paura: condividendo la semplicità della vita quotidiana, mostrando che c’è una forza buona che regge il mondo e lasciando che siano gli uomini ad accostarsi a quella forza attraente e trasformante, sempre però rispettando i tempi di questo incontro, perché così agisce Gesù.
Dopo la morte solitaria di Charles nel deserto, infatti, diventa evidente che la bontà apostolica di cui ha diffuso il profumo nel deserto del Sahara, non è stata una scia evanescente, ma un seme di vita. La vicenda di Charles ha affascinato alcuni giovani, che hanno dato vita alle fraternità desiderate e progettate dal “marabutto”, portando il Vangelo fino ai confini della terra: si tratta dei Piccoli Fratelli di Gesù e delle Piccole Sorelle di Gesù.
4° MOMENTO – PER PREGARE INSIEME
(Preghiamo tutti assieme con le parole di fr Charles)
Padre mio,
io mi abbandono a te,
fa’ di me ciò che ti piace;
qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature;
non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle tue mani;
te la dono, mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me una esigenza d’amore il donarmi,
il rimettermi nelle tue mani senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché tu sei il Padre mio.
Cel. Introduce il Padre nostro
T. Padre Nostro
COMUNIONE
BENEDIZIONE
Cel. Preghiamo
O Dio, che in questo sacramento della nostra redenzione
Ci comunichi la dolcezza del tuo amore,
ravviva in noi l’ardente desiderio
di partecipare al convito eterno del tuo regno.
Per Cristo nostro Signore.
Tutti Amen
Cel. Il Signore sia con voi
Tutti E con il tuo Spirito. Kyrie eleison (3v)
Cel. Diamo lode al Signore
Tutti Rendiamo grazie a Dio
CANTO DI BENEDIZIONE
Cel. Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Tutti Amen
CANTO FINALE
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