ANCORA IN VIAGGIO … verso il Signore che ci corre incontro per farci suoi testimoni
- Iniziamo questa riflessione dalla frase finale del vangelo che abbiamo ascoltato. Espressione decisiva per la nostra fede. “Dio nessuno l’ha mai visto. Il Figlio unigenito ce lo ha rivelato, ce lo ha spiegato, ce lo ha raccontato”.
Noi non crediamo genericamente in Dio, in un essere superiore… Noi crediamo nel Dio di cui ci ha parlato Gesù di Nazaret, il Figlio che si è fatto uno di noi per spiegarci con un linguaggio a noi comprensibile, chi fosse questo Dio.
Dunque, la vita cristiana trova in Gesù di Nazaret il suo fulcro. Vita cristiana che è instaurare una comunione sempre più profonda con Gesù. Comunione intellettuale (pensare come lui) e comunione esistenziale (vivere come lui). Tutto il resto, i sacramenti, la chiesa, le appartenenze, … hanno senso se ci conducono a questo obiettivo.
È necessario distinguere tra religione e fede, o per usare un linguaggio caro a Paolo, tra Legge e fede.
- Ma che cosa intendiamo dire quando parliamo di religione? Intendiamo tutto quel complesso di riti, di gesti, di norme, di devozioni, di struttura organizzativa che certamente serve, ma solo se porta gradualmente a farne a meno. Quando invece la religione diventa una specie di assoluto, Dio viene ottenebrato e la vita dell’uomo non si umanizza. Pensate all’inizio della prima lettura: non è dalla capitale, da Gerusalemme, sede del tempio, sede dell’ebraismo ufficiale dai tempi del re Davide che verrà il Messia, ma da Betlemme, il più piccolo tra i villaggi di Giuda. Gerusalemme fu importantissima nella storia di Dio con il suo popolo, ma il cuore di questa storia non sarebbe stato lì, perché quel Dio avrebbe fatto cadere ogni logica nazionalistica (non c’è più Giudeo o Greco…) verso un orizzonte universalistico.
- E poi pensate anche alla figura di Giovanni battista. Giovanni appariva come un personaggio più carismatico, più ispirato, più spirituale rispetto a Gesù. Ecco perché l’evangelista Giovanni sentì il dovere di precisare “non era lui la luce, … veniva nel mondo la luce vera”, Gesù di Nazaret. Dunque, Giovanni fu importantissimo, il Figlio di Dio che veniva nel mondo aveva bisogno di qualcuno che gli preparasse la strada, non si capisce Gesù senza aver compreso la figura di Giovanni, … ma Giovanni era di passaggio, non era il punto di arrivo. Giovanni rappresentava tutto quello che chiamiamo Antico Testamento, la rivelazione iniziale di Dio all’uomo, rivelazione dalla quale non si può prescindere, ma alla quale non ci si può fermare.
- Ora, questo discorso del superamento della religione lo sviluppa Paolo nella lettera ai Galati dove parla della Legge, l’insieme delle norme e dei precetti contenuti nell’AT, di cui riconosce il valore educativo (pedagogo), ma anche il destino a finire. Nel momento in cui la relazione con Dio sarebbe passata sul piano della fede, non avrebbe più avuto bisogno di una precettistica senz’anima, ma di quella che sempre Paolo chiama la “grazia”, una parola che nel suo significato allude ad un amore non impoverito a contratto, a un amore che sconfina nel gratuito.
- Non l’annullamento, ma la relativizzazione. Come fu per Giovanni, come fu per la Legge ebraica, ora è per la religione. Capite quanto è provocatoria questa prospettiva per la nostra fede che ha bisogno della religione, ma non può fermarsi alla religione.
Se avessimo compreso questo forse non avremmo lanciato le crociate per liberare il Santo Sepolcro, certo realtà importante e simbolica, ma non certo essenziale.
Se avessimo compreso questo avremmo valorizzato il latino e la liturgia antica, ma non certo al punto di farne una bandiera fino a generare una spaccatura nella Chiesa.
- Che il Signore ci infonda questa responsabilità e questa chiarezza di idee e ci renda testimoni che solo lui è l’assoluto e tutto il resto è al lui reltivo.
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