III Domenica dopo l’Epifania

  1. Continuano le manifestazioni, le epifanie di Dio nella persona di Gesù. In queste domeniche ci viene dato di meditare le “meraviglie” operate da quel Dio-con-noi celebrato a Natale: domenica scorsa il segno dell’acqua tramutata in vino a dire l’interesse di un Dio per la gioia dell’uomo…; questa domenica è il segno che abbiamo chiamato “della moltiplicazione dei pani e dei pesci” ad insegnarci il mistero della compassione per gli altri, specie per chi sta male, per chi sta peggio di noi. Su quella collina in faccia al lago veniamo informati del modo in cui Gesù operava: con un tempo per le guarigioni, dei più disperati e, subito dopo, con un tempo per un pane, condiviso fra tutti.
  1. Gesù ci insegna una compassione che si fa cura, ma anche una compassione che non si lascia immobilizzare o fermare dal pensiero-pretesto della enormità del problema a fronte del quale si fa evidente la nostra pochezza: i nostri cinque pani, i nostri due pesci! La compassione chiede di condividerli. Dicevo che noi al racconto abbiamo dato il titolo di moltiplicazione dei pani, ma la parola moltiplicazione non c’è nel racconto; il racconto non ci fa spettatori di un pane che miracolosamente si moltiplica, ma di un pane che viene spezzato e non finisce di spezzarsi, fino a nutrire tutti. E ne cresce persino al punto che si raccolgono dodici sporte.
  2. In questa domenica l’episodio del lago viene ulteriormente illuminato da due pagine: quella dell’AT che racconta di quella manna-pane dal cielo che nutrì gli israeliti nel deserto; e poi la pagina di Paolo ai Corinti in cui l’Apostolo incoraggia a completare una colletta a favore dei cristiani poveri della Chiesa di Gerusalemme. Ebbene, entrambi questi due brani sono come attraversati da un appello alla giustizia e alla equa distribuzione dei beni. 
    Emerge dal libro dell’Esodo dove gli ebrei devono raccogliere il pane del cielo, ma rigorosamente in proporzione alle proprie necessità, senza accumulo, senza sperequazioni, senza accaparramenti, …
    Ed emerge dal brano di Paolo ai Corinzi laddove l’impegno a sostenere la Chiesa di Gerusalemme non può essere conseguenza di un comando, per quanto autorevole, di un ordine di scuderia. L’unico motivo è il riferimento al Signore Gesù Cristo che “da ricco che era, si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà”. L’obiettivo è “che vi sia uguaglianza” cioè uno scambio di doni tra chiese sorelle: quella di Gerusalemme aveva offerto il Vangelo alle chiese del Mediterraneo; la colletta diventava un modo per sdebitarsi da parte di chi viveva in migliori condizioni economiche. Per questo Paolo dice “si tratta di una cosa vantaggiosa per voi”: era l’occasione per mettersi in sintonia con lo stile di Gesù; era l’occasione per generare quel flusso di beni senza il quale la Chiesa neppure esisterebbe; era la dimostrazione che il Vangelo di Gesù era riuscito ad abbattere il muro che separava ebrei e pagani, i nostri e gli altri.
  1. Dunque, il Vangelo ci parla di un miracolo, di un segno compiuto da Gesù, ma che Gesù si aspetta che continui nella storia. È scritto che Gesù diede i pani spezzati ai discepoli perchè questi li distribuissero alla folla. E siccome rimasero dodici ceste di pezzi avanzati è come se ancora oggi il Signore si aspetta che da parte nostra, discepoli di oggi, il pane spezzato della sua Parola, della sua cura, della sua amicizia nei confronti dell’uomo, … sia continuato ad essere distribuito. Dunque …
    * … è un miracolo di Gesù, ma che ci coinvolge, ci impegna, ci compromette; 
    * … un miracolo che parla di condivisione dei propri beni, senza accampare la scusa che sono già pochi per noi, ma che parla anche di giustizia intesa come l’offrire a ciascuno di quanto necessita per vivere; 
    * … un miracolo che Gesù compie dopo aver alzato gli occhi al cielo, cioè dopo aver cercato di cogliere lo sguardo del Padre su quella situazione di estrema penuria, umanamente irrisolvibile;
    * … un miracolo che si inserisce nella cornice di una cura integrale fatta di disponibilità a lasciarsi disturbare nel suo ritiro di Betsaida, di accoglienza, di annuncio del Regno di Dio, di guarigione dai mali che affliggevano quella gente.
    A dire che l’impegno caritativo della Chiesa – prolungamento del miracolo di Gesù sui pani e sui pesci – non potrà mai accontentarsi di semplici gesti di distribuzione di pacchi di viveri, di vestiti, di soldi. 
    Siamo chiamati a continuare a distribuire i pezzi avanzati nelle dodici ceste attraverso una cura che abbia di mira lo sviluppo integrale dell’uomo, la giustizia sociale, la pace. Incompleta sarebbe un’azione caritativa che si disinteressasse della necessaria azione educativa di cui spesso le persone in difficoltà sono bisognose. Così come la carità fatta dai cristiani e dalla Chiesa non potrebbe mai essere scambiata per una qualsiasi funzione sociale. Così come miope sarebbe una carità che non si preoccupasse di adoperarsi perchè vengano rimosse le cause che generano situazioni di bisogno, cioè una carità che non si trasformi in impegno politico.
  1. In questi giorni di gennaio la chiesa prega per l’unità dei cristiani, cattolici, ortodossi, riformati, … Il titolo di quest’anno recita: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” (Isaia 1,17). Ebbene, poco prima di morire Lutero, il padre della Riforma, lasciò un biglietto sul suo scrittoio dove annotava: “Siamo mendicanti, ecco la verità”. Se questa verità fosse più presente nei nostri cuori saremmo, a tutti i livelli, meno presuntuosi, meno arroganti, meno petulanti. Il Signore lo sa bene che abbiamo solo pochi pani e pesci, che siamo tutti indistintamente dei mendicanti: malgrado questo ci chiede di condividere la sua compassione e di metterci a sua disposizione. Stiamone certi: il miracolo potrà ancora realizzarsi.

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