Sugli abusi

Sugli abusi

Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore … (papa Francesco)

L’ultimo incontro del nostro Consiglio Pastorale Parrocchiale è stato dedicato a riflettere su un tema tanto urgente quanto poco frequentato, se non a livello giornalistico e scandalistico: quello relativo agli abusi che anche all’interno delle comunità cristiane si possono verificare, generando sofferenze immense in chi li subisce. Ci ha accompagnato in questo cammino Anna Deodato, Ausiliaria Diocesana, da anni membro della Commissione dei Vescovi italiani che studia questi fenomeni e le modalità per prevenirli. Il dato di partenza suona così: “le ferite non vanno mai in prescrizione”, cioè dagli abusi, in parte si può uscire, ma la traccia del dolore rimane indelebile. Dunque, bisogna prendere coscienza che chi ha subìto abusi è vittima di un crimine, non solo di un comportamento eticamente riprovevole. Non si tratta solo di un peccato contro il sesto comandamento, ma di un reato contro la dignità della persona.

La riflessione si è sviluppata poi sul binario della descrizione dei meccanismi che conducono a relazionarsi in modo distorto alle persone più “piccole” da parte di coloro che detengono una qualche forma di potere. Quando si parla di abusi all’interno della comunità cristiana, si finisce a ragionare in particolare di “clericalismo”, cioè della distorsione dell’identità e del ruolo del presbitero.

Certo, l’abuso sessuale è solo l’ultimo atto che inizia con un abuso di potere da parte di chi è portatore di una qualche forma di leadership sociale (parenti, insegnanti, allenatori, educatori, operatori sanitari, …) e che conduce a guardare all’altro come ad una cosa che mi serve, che mi piace. E quando si parla di abuso di potere si devono considerare tre attori che la nostra relatrice ha così definito: la vittima superstite, l’abusatore, lo spettatore silenzioso. Tutti intuiamo come l’azione preventiva deve agire sia sul potenziale abusatore, affinchè venga temperato ogni eccesso di narcisismo, ma senza perdere di vista quella figura collettiva che abbiamo chiamato spettatore silenzioso, cioè quanti in vario modo possono percepire qualche anomalia, qualche segnale in grado di fare sospettare la presenza di una relazione malata, affinchè venga segnalata e denunciata.

Ne è scaturita così una provocazione a ripensare e vigilare sul nostro modo di rapportarci agli altri, specie nel momento in cui siamo rivestiti di un ruolo, di un potere, di una responsabilità.

Una riflessione che ha scatenato un po’ in tutti un senso di inquietudine e di preoccupazione, unitamente ad un sollievo provvidenziale: per la prima volta, dopo millenni di storia dell’umanità segnati da episodi e fenomeni di questo tipo, siamo testimoni di una esplicitazione del problema e dunque, della opportunità di affrontarlo e fronteggiarlo. Certo, non a costo zero, visti gli scandali che gradualmente emergono in ogni latitudine in cui la Chiesa è presente, ma con la determinazione di un’opera di purificazione che dovrà impegnare tutti e ciascuno.

Don Roberto Davanzo

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