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- La domanda con cui si apre il vangelo di questa IV domenica di Quaresima forse interpella anche molti credenti di fronte alle disgrazie che si susseguono a ritmo incalzante: la pandemia, la guerra in Ucraina, il terremoto in Turchia/Siria, le continue morti di migranti nel Mediterraneo, … Come di fronte al cieco nato, anche oggi si scatena l’attrazione fatale verso le spiegazioni facili: si tratterebbe del castigo di Dio che si abbatte sulle nostre società peccatrici. E ancora una volta, a fronte di questa visione pagana della divinità, Gesù ci risponde che la nostra non è una generazione più o meno peccatrice delle altre e che le persone che soffrono per queste disgrazie non sono peggiori di altre, ma che il male che ci colpisce deve diventare occasione perché “si manifestino le opere di Dio”. C’è un modo ateo e un modo credente per affrontare quanto accade di male nel mondo. La liturgia di questa IV domenica di quaresima ci può essere di aiuto.
- In particolare, con il racconto della guarigione dell’uomo cieco dalla sua nascita. Racconto che descrive in un paio di righe il miracolo della guarigione fisica e che invece si dilunga alla grande nel descrivere un altro miracolo, quello della fede: quello di riconoscere nell’uomo Gesù il Signore, l’Inviato del Dio creatore, amante della felicità dell’uomo. È chiaro che per l’evangelista Giovanni l’aprirsi degli occhi del cieco altro non è che un segno per dire la possibilità per ogni uomo di accedere ad un modo diverso di pensare alla vita e alla morte, alla salute e alla malattia. Per dire che certo, la salute, anche una volta riacquistata, guai a noi se dovessimo accontentarci, guai a noi se da quella guarigione per la quale siamo disposti ad ogni sacrificio, non ci sentissimo interpellati a dare un senso diverso ai nostri giorni. Il racconto di questa domenica e le vicende che stiamo attraversando ci dicono che siamo tutti bisognosi di una guarigione fisica, che però preluda, anticipi, quella più profonda capace di salvarci dal buio di non sapere dove andare, come vivere, quali scelte fare a livello politico, economico, nazionale ed internazionale. Pensate al “buio” di chi soffia sul fuoco della guerra per produrre e vendere armi sempre più nuove … Pensate al “buio” di chi ha costruito intere città nel sud della Turchia senza rispetto delle norme antisismiche o al “buio” di chi lucra sulla disperazione di uomini e donne e bambini che non possono migrare in modo regolare e si affidano a trafficanti senza scrupoli. No, non basta vederci con gli occhi, non basta stare bene fisicamente, se poi la nostra mente è obnubilata da miopie ed egoismi che possono portare solo al risentimento e al conflitto.
- Nelle due righe di descrizione del miracolo mi colpisce anzitutto la scena del fango fatto con la saliva di Gesù applicato sugli occhi del cieco. Anche il libro della Genesi aveva raccontato che Dio aveva creato il primo uomo facendo del fango e qui Gesù appare come il continuatore di quell’opera che era incompleta. Gesù arriva a perfezionare l’opera del creatore e a dire che l’uomo è perfetto non quando funzionano bene tutti i suoi organi, ma quando riesce a vedere, quando scopre che tutta la vita è un andare verso di Lui. Anche se il cieco è ai margini, ignorato, anche se al cieco non esce più neppure un grido dalla gola, neppure una preghiera, … Gesù vede, Gesù si accorge. Il cieco nato non era nemmeno consapevole che ci potesse essere un’altra vita: è Gesù che prende l’iniziativa, ma subito lo coinvolge nel duplice cammino di guarigione, andando a Siloe a lavarsi e fronteggiando le contestazioni di quanti non volevano accettare la sua guarigione.
- Non paia cosa da poco. In una stagione così confusa ed angosciata i discepoli di Gesù sono portatori di una riserva di bene, di senso, capace di illuminare le tenebre in cui si dibattono molti nostri simili. La prima lettura e l’Epistola ci raccontano del volto di Mosè che diventava raggiante dopo essere stato al cospetto di Dio. Ecco ciò che in modo inconsapevole il nostro tempo si aspetta da noi: incontrare uomini e donne che, senza sbandierare chissà quali opere grandiose, sono capaci di mostrare una luce dai loro occhi, la luce di chi ormai ha incontrato sulle vie della propria storia i passi di Gesù, il profeta, l’Inviato di Dio, il Signore.
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