Esploratore e grande lavoratore

1° MOMENTO – PER INTRODURCI

CANTO INIZIALE

SALUTO

Cel. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Tutti Amen

Cel. Il Signore che guida i nostri cuori nell’amore e nella pazienza di Cristo, sia con tutti voi
Tutti E con il tuo Spirito

INTRODUZIONE DEL TEMA

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO 
Con le parole di fr Charles
 

Lettore: Non posso concepire l’amore senza un bisogno imperioso di conformità, di rassomiglianza, e soprattutto di partecipazione a tutte le pene, a tutte le difficoltà, a tutte le durezze della vita.

Tutti: Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.

Lettore: Dobbiamo essere persone di desiderio e di preghiera… Non consideriamo nulla impossibile: Dio può tutto.

Tutti: Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.

Lettore: Vedere in ogni persona Gesù e agire di conseguenza: bontà, rispetto, amore, umiltà, mitezza.

Tutti: Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.

Lettore: Essere caritatevoli, miti, umili con tutti: è questo quello che abbiamo imparato da Gesù.

Tutti: Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore.

2° MOMENTO – PER ADORARE

ESPOSIZIONE EUCARISTICA

CANTO DI ESPOSIZIONE

BREVE SILENZIO DI ADORAZIONE

3° MOMENTO – PER ASCOLTARE

Vivere l’operosità della vita a Nazareth ha rappresentato un tema dominante del percorso umano e spirituale di fratel Charles, anche se l’indolenza e l’irrequietezza della giovinezza sembravano presagire tutt’altro. Potendo contare sulla cospicua rendita assicuratagli dal nonno materno, che si era preso cura di lui e della sorella dopo la morte dei genitori, il giovane visconte de Foucauld non diede mai prova di particolare attitudine alla fatica e alla dedizione per qualcosa. Al contrario, si fece notare per la condotta disordinata e il dissennato uso delle sue risorse economiche.

Quasi a voler in qualche modo recuperare il tempo e le occasioni perdute, la sua vita virò decisamente dopo la conversione anche nel senso dell’operosità e di una generosità senza limiti. A imitazione dell’operaio Gesù che, come tutti i giovani del suo tempo, imparò il mestiere del padre e vi si dedicò per i trent’anni di vita a Nazareth, nel nascondimento del focolare domestico.

L’esplorazione di un mondo affascinante

Tra il disordine della prima giovinezza e l’ascesi della ricerca umana e spirituale, si pone un tempo che potremmo definire di “cerniera”, destinato a marcare la svolta decisiva della sua vita: l’esplorazione in Marocco. Il giovane militare senza arte né parte incontra l’Africa, le sue tribù, i suoi deserti e i suoi sentieri polverosi, le tradizioni e la fede della gente semplice, e se ne innamora. Ancora si mescolano sentimenti patriottici, spinte colonialiste, fascinazioni tipiche della giovinezza e una buona dose di ingenua audacia. Ma resta il fatto che il giovane ufficiale francese lascia l’esercito e si avventura nell’esplorazione di quel mondo affascinante e misterioso.

René Bazin, biografo di fratel Charles e suo contemporaneo, definisce il Marocco di allora «un paese chiuso, che diffidava dello straniero ed era crudele nelle sue vendette, ma così vicino alle nostre coste e così chiaramente destinato a completare il nostro dominio che si poteva essere sicuri, percorrendolo, di contribuire alla Francia di domani».

Charles vuole compiere un’azione eclatante, a servizio del suo Paese, che gli dia fama e riconoscimenti, ma che possa anche saziare il desiderio di conoscenza che lo accompagna sin dall’infanzia e che neppure la noia e la pigrizia hanno potuto sopire.

Persegue il suo progetto con una determinazione nuova, inattesa, che sorprende anche la famiglia, che ancora dubita della sua serietà e della sua capacità di portare a termine il suo avventuroso proposito. Eppure, Charles comincia a prepararsi, a studiare l’arabo e a vestirsi all’araba, a prendere dimestichezza con l’islam e con il Corano.

Per riuscire a entrare in Marocco deve trovare una guida ebrea e lui stesso deve travestirsi da ebreo. Sentendosi fortemente minacciato dalle potenze europee, il Paese africano apre le sue porte soltanto alle rappresentanze ufficiali, che vengono costantemente sorvegliate e che possono visitare solo i luoghi strettamente indispensabili alle loro missioni diplomatiche. I commercianti ebrei, al contrario, sono ammessi, seppure “con riserva”, e senza grande entusiasmo. Accompagnato dall’ebreo Mardocheo, Charles non solo si traveste da ebreo ma ne studia la lingua e i costumi. È ad Algeri che avviene questa lunga e meticolosa preparazione in vista della partenza: nell’arco dei quindici mesi che precedono la partenza impara l’arabo e l’ebraico.

Un uomo nuovo

La ricognizione delle terre sconosciute del Marocco rappresenta quindi un momento di svolta che dobbiamo ascrivere all’itinerario spirituale di fratel Charles, anche se nelle sue motivazioni non c’era nulla di religioso né tantomeno di spirituale. Il tenace esploratore è a caccia di conoscenza e notorietà, ma forse trova soprattutto se stesso. È sempre il giovane indipendente e testardo che tira dritto per la sua strada senza ascoltare i consigli di amici e parenti, poco incline alla mediazione, ma tutto questo si volge in una straordinaria determinazione e capacità di perseguire con coerenza i suoi obiettivi.

Non si ferma di fronte ad alcuna difficoltà, nonostante il viaggio in Marocco si dimostri pieno di imprevisti e di rischi, fino a mettere a repentaglio la sua stessa vita e quella del suo accompagnatore. Ma non siamo di fronte all’ingenua incoscienza di chi non conosce il valore della vita: Charles impara che fatica e sacrificio sono indispensabili per raggiungere qualsiasi obiettivo e quel che chiede agli altri è il primo a offrirlo senza risparmio.

L’adolescente pigro e perditempo sembra ormai lontano anni luce: ora c’è un giovane uomo capace di assumere fino in fondo il gusto e il valore della fatica. Potremmo dire che il visconte de Foucauld impara a “sporcarsi le mani” e a investire tutta la sua capacità di lavoro intellettuale e manuale per uno scopo che sia davvero degno. Trascorre così un anno della sua vita, dal giugno 1883 al maggio 1884.

Scienziato e poeta

La lettura dei suoi diari, delle lettere e del volume Reconnaissance au Maroc, che raccoglie il frutto del suo lungo viaggio e che gli varrà infine la medaglia d’oro della Sociéte de géographie di Parigi, ci restituisce non solo l’abilità dello scienziato ma anche lo sguardo del poeta, innamorato della possibilità stessa di osservare, conoscere, scoprire. Interessato a tutto, non è ingenuo e si esprime anche in giudizi lucidi e puntuali sulla condizione della donna, sulla lealtà fondata sui legami tribali, sul brigantaggio che induce i marocchini di alcune città a sperare nell’intervento delle truppe francesi.

Le due anime che Charles manifesta, quella del fine scienziato e quella dell’appassionato poeta, lo fanno entrare nell’altrui società con prossimità e rispetto, al di là delle molte contraddizioni: un tratto, questo, che riemergerà di continuo nella sua vita, tra i vicoli di Nazareth e in ogni attraversamento del deserto algerino.

Lavoratore instancabile

In una pausa forzata del suo itinerario in Marocco, in attesa di ricevere i soldi che gli permetteranno di completare l’esplorazione, Charles comincia a mettere a frutto tutti i dati che ha raccolto. Scrive alla sorella:

Sono immerso fino al collo nelle mie longitudini, lavoro dal mattino alla sera e anche una parte della notte. È molto più emozionante del viaggio in sé, perché è qui che si raccoglie il risultato. […] Passo il mio tempo nel modo più regolare del mondo: dalle 7 alle 11 del mattino, lavoro; dalle 11 all’una, vado a pranzare a casa del cancelliere; all’una mi rimetto a lavoro; faccio cena nella mia pensione alle 7 e poi riprendo a lavorare fino all’una di notte all’incirca.

Ha imparato a gustare la bellezza del lavoro ma anche la fatica e la disciplina che esso esige: un’attitudine che gli rimarrà fino alla fine dei suoi giorni. Sul versante del lavoro intellettuale, riemergerà in occasione dei suoi studi circa la lingua e le tradizioni dei tuareg: lavorerà a una grammatica, a un dizionario tamashek-francese, a una raccolta di poesie, proverbi e testi in prosa. I suoi amici tuareg arriveranno a dire: «Conosce la nostra lingua meglio di noi stessi». Non riuscirà a completare tutti i suoi progetti perché la morte lo coglierà inaspettatamente, ma il suo impegno non sarà venuto meno neppure un giorno.

Dopo la lunga esplorazione in Marocco, accanto al lavoro intellettuale, Charles impara e assume sempre più il valore del lavoro delle mani: la sua posizione sociale ed economica e lo sfruttamento dei suoi successi gli permettono senza dubbio di vivere senza preoccupazioni, ma non può rimanere fermo. Il contatto con le popolazioni del Marocco, soprattutto le più miserevoli, gli ha fatto guardare al mondo da una nuova prospettiva, quella di chi si deve guadagnare il pane giorno dopo giorno, con il sudore della propria fronte.

Di lì a pochi anni questa intuizione entrerà a buon diritto nella spiritualità di Nazareth, che mette al centro l’imitazione della vita di Gesù nei primi trent’anni, trascorsi nella normalità della vita familiare nel piccolo e anonimo villaggio della Galilea.

Come il carpentiere Gesù

Nel 1893, mentre si trova ancora presso la trappa di Akbès, in Siria, comincia a riflettere sul modello di vita religiosa a cui sente che il Signore lo chiama e una delle principali condizioni di imitazione della vita di Gesù è proprio quella di poter svolgere un lavoro ordinario dal quale trarre il proprio sostentamento. Così scrive alla cugina Marie de Bondy a proposito della possibilità di fondazione di una piccola nuova congregazione:

Lo scopo sarebbe di condurre quanto più esattamente possibile la stessa vita di Nostro Signore, vivendo unicamente col lavoro delle mani, senz’accettare nessun dono spontaneo né alcuna questua, e seguendo alla lettera tutti i suoi consigli, non possedendo niente, dando a chiunque chieda, non esigendo niente, privandosi del più possibile, anzitutto per essere più conforme a Nostro Signore.

Difficile cogliere oggi la portata e la spinta innovatrice di questa intuizione: non che i religiosi non comprendessero il valore del lavoro manuale, al contrario, basti pensare al motto benedettino dell’ora et labora. A inaugurare una nuova idea di vita religiosa è la scelta di mantenersi solo con i frutti del proprio lavoro, senza rendite e neppure elemosine. Ma per Charles non vi è nulla di sorprendente in tutto questo: non è esattamente ciò che ha sperimentato Gesù nei trent’anni di vita a Nazareth? Quattro anni dopo, nel 1897, Charles è finalmente in Terra Santa:

Mi sono stabilito a Nazareth… Il Buon Dio m’ha fatto trovare qui, per quanto perfettamente è possibile, quel che cercavo: povertà, solitudine, abiezione, lavoro umilissimo, oscurità completa, l’imitazione, perfetta nella misura del possibile, di ciò che fu la vita di Nostro Signore Gesù in questa stessa Nazareth… Ho abbracciato qui l’esistenza umile e oscura di Dio, operaio di Nazareth.

L’operaio evangelico: fratel Charles torna spesso su questa singolare espressione che però ha un preciso fondamento biblico, nel Vangelo secondo Marco: «“Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo» (Mc 6,3). Nel riconoscerlo come proprio concittadino, gli abitanti di Nazareth identificano Gesù anzitutto per la sua professione, quella di falegname o, più precisamente, carpentiere, un artigiano sicuramente molto avvezzo a lavorare con le sue mani e a utilizzare materiali pesanti come il legno e la pietra. L’immagine di rabbi e insieme di carpentiere già strideva ai giorni di Gesù e forse era anzitutto da qui che nasceva lo scandalo.

Durante un ritiro, nel 1898, fratel Charles immagina di sentirsi rivolgere da Gesù in persona queste parole, che suonano come il manifesto di una vita, della sua vita:

Io v’insegno a vivere col lavoro delle vostre mani, per non essere a carico di nessuno e per avere qualcosa da dare ai poveri, e io do a questo genere di vita una bellezza incomparabile, che non ha nessun’altra, se non la vita dell’operaio evangelico, quella della mia imitazione… Coloro che vivono della fatica delle proprie mani e coloro che, predicando il Vangelo, vivono di elemosine, Mi imitano, e perciò questi due generi di vita hanno una bellezza che nessun’altra mai eguaglierà.

Nella categoria degli operai evangelici, fratel Charles include Maria e Giuseppe, gli apostoli, i pastori di Betlemme, insieme a tutti i poveri, i piccoli e gli operai, che nella storia sono da ammirare e invidiare per imparare a imitarli, perché sono essi a eguagliare nella maniera più perfetta la vita di Gesù o, per lo meno, ciò che è visibile e comprensibile all’occhio e al cuore dell’uomo.

4° MOMENTO – PER PREGARE INSIEME

(Preghiamo tutti assieme con le parole di fr Charles)
Padre mio,
io mi abbandono a te,
fa’ di me ciò che ti piace;
qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature;
non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle tue mani;
te la dono, mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me una esigenza d’amore il donarmi,
il rimettermi nelle tue mani senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché tu sei il Padre mio.

Cel. Introduce il Padre nostro
T. Padre Nostro

COMUNIONE

BENEDIZIONE

Cel. Preghiamo
O Dio, che in questo sacramento della nostra redenzione
Ci comunichi la dolcezza del tuo amore,
ravviva in noi l’ardente desiderio
di partecipare al convito eterno del tuo regno.
Per Cristo nostro Signore.
Tutti Amen

Cel. Il Signore sia con voi
Tutti E con il tuo Spirito. Kyrie eleison (3v)

Cel. Diamo lode al Signore
Tutti Rendiamo grazie a Dio

CANTO DI BENEDIZIONE

Cel. Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Tutti Amen

CANTO FINALE

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