Vigilia di Pentecoste

  1. La Pentecoste parla del dono dello Spirito. Ma questo non significa che lo Spirito venga donato solo in questo giorno. Gli stessi evangelisti ci raccontano che Gesù emise lo Spirito già al momento della sua morte o la stessa sera di Pasqua. Non solo. Lo Spirito nell‘Antico Testamento interviene già nell’opera della creazione quando si dice che “aleggiava sulle acque” o che Dio soffiò il suo Spirito nell’uomo fatto di argilla per renderlo un vivente.
    Dunque, certamente lo Spirito è un dono legato alla festa ebraica di Pentecoste – di cui leggeremo il racconto nelle messe di domani – e che celebrava il dono della Legge a Mosè sul Monte Sinai, ma è altrettanto vero che non si lascia ingabbiare in nessuna celebrazione. Un dono, una presenza, attestata nella storia dell’antico popolo di Israele, come ci hanno raccontato le belle letture di stasera. Un dono che si oppone alle forze demoniache che frantumano l’unità del genere umano come nel racconto di Babele (modello di ogni nazionalismo politico e protezionismo economico), che dà vita alle ossa aride della visione di Ezechiele, immagine delle nostre società occidentali, vecchie e sterili. Un dono che Dio elargisce all’interno della Chiesa, ma anche al di là della Chiesa – come scrive Gioele “effonderò il mio spirito sopra ogni uomo” -, talvolta a prescindere dalla Chiesa stessa.
  1. In tutta questa ricchezza di Parola di Dio mi piacerebbe soffermarmi sulla terza lettura, sulla visione di Ezechiele che, con la distesa delle ossa aride, vuole rappresentare lo stato desolante in cui si trovava la casa di Israele esiliata a Babilonia. Una situazione di morte che non impedisce l’intervento di Dio che, con il soffio del suo spirito, fa risorgere il popolo libero nella sua terra. Una visione di incoraggiamento e di speranza che noi credenti dobbiamo consegnare alla nostra società e al mondo intero. Una società – e a volte anche una chiesa – che talvolta appare come una distesa di ossa aride dopo la pandemia, con una guerra alle nostre porte, avvolti in una denatalità inquietante. Ossa aride perché paralizzate dalla paura, rintanate nelle case. Ma insieme ossa aride perché incapaci di senso civico, noncuranti degli appelli alla partecipazione elettorale. Ossa aride per l’angoscia di una crisi economica che non capiamo dove ci condurrà. Ossa aride perché incapaci di una bella solidarietà tra chi è stato meno colpito e chi sta maggiormente soffrendo. Ossa aride per una politica nazionale ed internazionale che non ha saputo superare gli interessi di partito o gli egoismi nazionali. Ossa aride…
  1. Su questa situazione di morte invochiamo il dono dello Spirito di Dio, perché ci dia la lucidità e la forza per risorgere più seri e coraggiosi, più dotati di un senso di popolo e meno ripiegati sul nostro individualismo. Ezechiele dice che “erano un esercito grande, sterminato”. Al di là dell’immagine bellica, mi affascina l’idea che quando lo Spirito di Dio fa risorgere, genera una dimensione di comunità. Gesù riporta in vita la figlia di Giairo e dice … datele da mangiare. Gesù risorge e a Maddalena che vuole trattenerlo per se ordina … va’ dai miei fratelli e dì loro. Noi abbiamo bisogno dello Spirito che ci faccia risorgere, ma non solo come individui preoccupati del proprio interesse, bensì come una collettività consapevole della responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri.
  1. Nel brano del Vangelo Gesù dice che “quando verrà lo Spirito della verità (che lui chiama paraclito, uno che ti sta accanto) dimostrerà la colpa del mondo … riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato”. E il “principe di questo mondo” chiamato “diavolo” (il divisore) è colui che ci gode a seminare zizzania tra gli uomini (pensate alla cultura dei muri, alle tante forme di razzismo e di disprezzo di chi è diverso da noi) e a ostacolare il faticoso cammino di unità del genere umano. Ebbene, malgrado le apparenze, quel principe è stato sconfitto e non avrà l’ultima parola.
  1. Quando la Chiesa sta nella società come forza di unità, andando incontro a chi è diverso; quando lascia i panni del colonizzatore che impone la sua cultura con la forza, ma si lascia anche un po’ cambiare da chi ha di fronte a sé; quando fa vedere il desiderio di una reale collaborazione tra realtà diverse, …, allora significa che è Pentecoste, significa che è disceso lo Spirito.
    E il fatto che ci si rimetta in piedi malgrado i tanti motivi di morte e di paura, che ci si sforzi di capirsi, al di là delle differenze, il fatto che si crei armonia tra i diversi è la bellezza della Pentecoste. E diventa bellezza della vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potresti leggere anche: