Partire o restare?

Partire o restare?

Una riflessione sulla giornata mondiale del “rifugiato”

Mi trovo a scrivere queste brevi note proprio nel giorno in cui, a livello civile, si celebra la giornata mondiale del “rifugiato”, con negli occhi e nel cuore l’ultimo dramma che si è consumato nelle acque del Mediterraneo ormai da considerarsi come “un immenso cimitero senza lapidi”, a detta del presidente dell’ANCI Antonio Decaro. Giusto per dare qualche numero, i dati ONU parlano di oltre 110 milioni di profughi in tutto il mondo e di 26 mila morti accertati nel Mediterraneo negli ultimi 10 anni.

Su questo sfondo statistico si colloca il Messaggio di papa Francesco per la giornata del migrante e del rifugiato che la Chiesa celebrerà il 24 settembre p.v. dal titolo eloquente “Liberi di scegliere se migrare o restare”. Una giornata che ha raggiunto la 109ma edizione, a dire – se mai ce ne fosse bisogno – di come la Chiesa ha acceso i riflettori su questo fenomeno ben prima che si scatenasse la retorica dell’ “invasione”, della “sostituzione etnica”, dei “blocchi navali” e dell’ “aiutiamoli a casa loro”. Se c’è una realtà che da sempre si vede impegnata nel processo di emancipazione economica e culturale di ogni popolo, questa è la Chiesa cattolica, la cui azione missionaria di diffusione del Vangelo a tutte le genti è stata coniugata con la preoccupazione di offrire a tutti strumenti e opportunità di crescita e di sviluppo. Solo a queste condizioni si potrà realizzare la libertà di scegliere se migrare o restare nella propria terra. Scrive il Papa: “Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria sono tra le cause più visibili delle migrazioni forzate contemporanee. I migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione”. Dunque, che fare, o che cosa smettere di fare? Continua il messaggio: “Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune”. Inoltre, guardando all’ideale della prima comunità cristiana in cui «tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,44-45) … “per fare della migrazione una scelta davvero libera, bisogna sforzarsi di garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale”. Questa è la strada – certamente più ardua e faticosa – per giungere all’obiettivo di assicurare a tutti la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra. Strada alternativa a quella fatta di slogan elettoralistici (come quelli più sopra evocati), piuttosto che di strategie finalizzate a “pagare” i Paesi di transito dei migranti (Turchia, Tunisia, Libia, …) perché se li tengano loro e impediscano loro di compiere il grande balzo verso la “fortezza Europa”.

Don Roberto Davanzo

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