A partire dall’abbraccio misericordioso di Gesù

A partire dall’abbraccio misericordioso di Gesù

Mettermi a servizio e favorire l’unità nella pluriformità

Quando san Paolo si presenta al discepolo Timoteo, scrive di sé di essere stato “un bestemmiatore, un persecutore e un violento…” (1Tm 1,13a).

Forse non sono stato proprio come san Paolo dice di sé, ma comunque sono stato e sono un “peccatore perdonato”, come ciascuno di noi – secondo quella bella espressione tradizionale ripresa da Papa Francesco – e quindi con tutto il cuore posso dire anch’io con san Paolo rendo grazie a Colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me… (1Tm 1,12) Mi è stata usata misericordia” (1Tm 1,13b). 

“Siamo presi a servizio”, come il card. Scola definiva in maniera particolare la chiamata comune di tutti i battezzati, e in particolar modo quella riferita ai ministri ordinati, e con questo spirito vorrei assumere questo incarico che l’Arcivescovo Mario mi ha affidato, ringraziando anche lui per la fiducia accordatami.

Potrebbe però essere un proposito velleitario, se continuamente non sarò richiamato anche da voi al fatto che prima di ogni altra cosa c’è questo Signore Gesù, risorto e vivo, presente in mezzo a noi, che ci abbraccia con la sua misericordia, se non rimane costantemente aperta la domanda di Gesù stesso: “Ma voi chi dite che io sia?” (Lc 9,20a), domanda che non richiede semplicemente una risposta intellettuale, teologica, ma una condivisione di vita.

Perché non si risponde da soli a questa domanda, ma occorre mettersi in gioco personalmente dentro quella realtà umana voluta dal Signore stesso, che è la Comunità cristiana, la Chiesa.

Gesù, infatti, apprezza la risposta di Pietro, ispirata dallo Spirito: “Tu sei il Cristo di Dio” (Lc 9,20b), ma nello stesso tempo mette in guardia lui – e noi – a non ridurre ai propri criteri la giusta risposta, aspettandosi un Messia solo umanamente glorioso.

Perché Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire, e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45): “Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc 9,22).

Questa affermazione di Gesù ha creato scandalo nel cuore di Pietro, ma forse anche noi preferiremmo un Dio potente che risolve i problemi al posto nostro, mentre ci ritroviamo un Dio che prende su di sé il nostro male e persino subisce la morte, ma per vincerla così, per amore, e consegnarci la sua vittoria, non nel senso che non dobbiamo affrontare anche noi la morte, ma nel senso che possiamo affrontarla con Gesù e come Gesù per quello che è: un passaggio (pasqua) doloroso, certo, come il travaglio di un parto, un passaggio appunto verso la pienezza della vita!

“Viviamo perciò di una vita ricevuta”, come ci richiama l’Arcivescovo Mario nella proposta pastorale di quest’anno.

Ed è solo nella Chiesa che si ritrova a celebrare l’Eucarestia che possiamo ricevere in pienezza la vita stessa di Gesù, il suo Corpo e il suo Sangue, che ci conforma a Lui, per imparare ad offrire anche noi la nostra vita e rendere testimonianza grata di quanto abbiamo ricevuto: appunto quella promessa di una pienezza di vita che inizia già fin d’ora nel credere in Gesù, nel fidarsi e affidarsi a Lui, e che avrà il suo compimento per l’eternità!

Offrire la propria vita, essere dono per gli altri e capaci di accogliere il dono che gli altri fanno di sé, rende visibile il desiderio più grande del cuore di Gesù: “perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21).

Questa è la grazia e il compito che il Signore ci affida, insieme, rinnovando la sua fiducia in noi, perché possiamo diventare segno tangibile della Sua Presenza in mezzo a questa umanità, così assetata di speranza, di gioia, di vita, e di esserci come Chiesa unita, libera e lieta, come ci ha magistralmente indicato il nostro Arcivescovo in questi anni.

A partire quindi dall’abbraccio misericordioso di Gesù, vincitore della morte, ciò che mi preme sono quindi queste due cose: 

  • mettermi a servizio vostro mentre il Signore mi chiede questa responsabilità di guida e nel contempo mi affida a voi perché possa farlo secondo il suo cuore;
  • favorire l’unità nella pluriformità – come diceva il card. Scola – come via essenziale di testimonianza che il Signore ci chiede, per essere segno di speranza per questa nostra umanità.

Buon cammino…insieme!

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