
Entriamo nel tempo di attesa e di preghiera per la pace
Sempre più viviamo l’incertezza di un mondo che sembra in balìa di violenze e di guerre insensate, incomprensibili, inaccettabili: il giudizio di Papa Francesco è di una lucidità profonda: “Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace” (papa Francesco, Enciclica “Fratelli tutti”, n. 261).
Di fronte a questo scenario sconfortante, la Chiesa ci richiama al digiuno e alla preghiera; così il card. Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, scrive: “Con il digiuno e la preghiera prendiamo più coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. Privandoci di qualcosa mostriamo concretamente che il prossimo in difficoltà è al centro delle nostre preoccupazioni. Se il male appare così pervasivo, distruttivo, terribile, da riempire di sgomento e da togliere il respiro pensando alla fragilità di chi è ostaggio, di chi oggi è in pericolo, non ci lasciamo intimidire e imploriamo con l’insistenza della povera vedova, debolissima, forte solo del suo desiderio di giustizia, la pace per Gerusalemme, per tutta la Terra Santa. La preghiera è sempre una vera ribellione al male e ci aiuta a ritrovare l’umanità” (M. Zuppi, editoriale di Avvenire del 17/10/2023).
E’ il nostro Arcivescovo stesso che pone la questione: “Che cosa significa pregare per la pace? Quale animo richiede? Quali frutti si possono sperare? La preghiera non è mai una delega a Dio perché faccia quello che noi non facciamo. È invece ascolto, docilità, fiducioso dialogo: è il tempo in cui il dono dello Spirito ci rende conformi al Figlio e ci fa essere quindi uomini e donne di pace. Perciò ci rende fiduciosi nella speranza, sapienti nelle parole, rigorosi nei pensieri, coerenti nelle scelte. Intorno al tema pace e guerra, economia e guerra, aggressione e difesa, produzione di armi, non violenza, si aggrovigliano posizioni diverse, riflessioni complicate, schieramenti contrapposti. La dottrina sociale che il magistero della Chiesa ha elaborato nei secoli si trova ad affrontare domande provocatorie in un contesto inedito. Anche per questo è necessaria la preghiera e non solo la discussione, la preghiera e non solo le citazioni, la preghiera e non solo le emozioni. La preghiera è il contesto propizio per diventare uomini e donne di pace, miti e umili di cuore, come Gesù, abitati dallo Spirito di sapienza e di fortezza, lo Spirito di Gesù, per invocare il regno di Dio, regno di pace e di giustizia, e preparare le strade al Principe della pace” (M. Delpini, Kyrie, Alleluia, Amen).
E’ con questo spirito che desideriamo entrare nel Tempo di Avvento, tempo di attesa, certo, ma attesa vigilante, attiva, come ci hanno testimoniato i profeti, attesa del compimento della Promessa di Dio, che è Promessa di bene, di pace e di giustizia, di riconciliazione e di comunione, che già si sta realizzando con la venuta fra noi del Signore Gesù, ma che chiede la nostra fattiva adesione perché ne possiamo fare esperienza fin da ora.
E’ questo il cammino di conversione che ci viene offerto, di cui abbiamo continuamente bisogno, e che possiamo percorrere insieme come comunità cristiana.
Buon Avvento.
Lascia un commento