
L’età in cui si provano gli stupefacenti si è abbassata notevolmente: già a 12 anni si prova la prima canna, si abusa di alcool; è frequente il coma etilico dopo una festa tra amici… ora la dipendenza si inala, si fuma, è in tasca sottoforma di pastiglia. Le cronache parlano del problema del sabato sera, ma al lunedì è tutto finito. Una volta parlare di dipendenza significava parlare di eroina, ora abbiamo decine di sostanze, vari modi di assunzione e svariate occasioni per provare. Una volta il tossico si vedeva ciondolare per le strade e ti chiedeva degli spiccioli, ora cammina velocemente in giacca e cravatta o parla all’auricolare a bordo di un’auto di grossa cilindrata. Una volta la dipendenza era una cosa fisica, che entrava nel tuo corpo, ora può essere intangibile: dalla smodata voglia di giocare d’azzardo, alle notti insonni collegati a qualche chat.
Il progetto
Lo sportello dipendenze nasce dalla collaborazione di Caritas Santo Stefano con la Comunità Promozione Umana di don Chino Pezzoli; la Caritas ha deciso di unirsi con chi conosce a fondo il problema e lotta ogni giorno per il recupero di tanti ragazzi e ragazze.
Il progetto vuole mettere al servizio della nostra Comunità uno sportello dove potersi confrontare e dove rivolgersi per qualsiasi problema legato alle dipendenze. Chi conosce a fondo il problema vuole dare un aiuto concreto, un momento di ascolto, un suggerimento; vuole sensibilizzare, informare, educare e fare prevenzione con testimonianze di persone che vivono il problema.
Se vuoi parlarcene…
Lo sportello dipendenze offre ascolto, orientamento, accompagnamento e sostegno a persone e famiglie che, direttamente o indirettamente, vivono il problema delle dipendenze. Il tema delle dipendenze è spesso “volutamente” ignorato per vergogna, paura e ignoranza. Oggi le dipendenze sono più subdole e meno evidenti di quanto lo fossero anni fa, ma non per questo meno gravi e devastanti. Sono in forte aumento le dipendenze da gioco, alcol e da sostanze chimiche sofisticate, micidiali e di facile reperibilità.
Questa attività viene svolta con la massima riservatezza e con grande attenzione alla persona. Per informazioni e contatti telefonare a Flavio, cell. 392 6436744.
Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA)
Il Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) non è solo un fenomeno sociale, ma è una vera e propria patologia, che rende incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse in denaro. Si tratta di una patologia che ha in comune con la dipendenza da sostanze il comportamento compulsivo che produce effetti sulle relazioni sociali o sulla salute seriamente invalidanti. Questa patologia è in espansione, anche se non si hanno dati precisi al riguardo, in quanto non esiste allo stato una rilevazione sistematica dei pazienti in trattamento presso i Servizi pubblici per le dipendenze da parte delle Amministrazioni Centrali dello Stato. Per quanto riguarda la diffusione del gioco d’azzardo e del GAP nella popolazione adulta italiana, dallo Studio IPSAD, condotto nel 2013-2014, risulta che circa 17 milioni di persone (42,9% della popolazione) hanno giocato almeno una volta somme di denaro. Di questi, meno del 15% ha un comportamento definibile “a basso rischio”, il 4% “a rischio moderato” e l’1,6% “problematico” (oltre 800.000 persone, prevalentemente di sesso maschile. Secondo la relazione annuale al Parlamento (Dipartimento Politiche Antidroga) 2015, il totale di pazienti in carico ai Servizi per Disturbo da Gioco d’Azzardo ammonta ad oltre 12.300 persone.
Per saperne di più:
- Caritas Ambrosiana – Area Dipendenze
- Comunità Promozione Umana di don Chino Pezzoli
- Centro ascolto di auto-aiuto per la tossicodipendenza e l’alcolismo
- Ministero della Salute
Testimonianza 1
«Esco da un colloquio di due ore con un ragazzo di 26 anni e sua madre… una madre distrutta, si vedeva che erano anni che non andava dal parrucchiere eppure non ha mai perso la speranza di aiutare quel ragazzo che chiama ancora figlio anche se da tempo non lo riconosce più. Lui parla poco, quasi niente, lei invece è un fiume in piena; fatico a contenerla, alla fine mi abbraccia, sorride e dice che vuole incontrarmi di nuovo. Lui no, ha lo sguardo basso e non mi guarda… provo ad abbracciarlo ma le mie braccia incontrano solo il suo tronco. Le sue braccia non si muovono, e lei continuava a parlare, ancora… le ho chiesto di uscire per un attimo di lasciarci soli. In silenzio lo ha fatto: ho chiuso la porta e siamo stati in silenzio, cercavo il suo sguardo e gli tenevo le mani… in silenzio. Non so per quanto tempo siamo rimasti così e le sue mani sudate mi scivolavano lentamente. Ci siamo parlati poco ma forse ci rivedremo… almeno lo spero. So bene come si sta con le mani sporche di quella merda che ti consuma la vita e l’anima e l’unica via che ci rimane è la speranza, la fede che ci accomuna e la disponibilità ad un cambiamento che è sempre la cosa più difficile. Ecco, quello che faccio nei miei incontri con l’umiltà di chi non pretende nulla se non la fiducia già concessomi in tutti questi anni e che spero mantenga il mio animo sempre sulla retta via».
Un operatore dello Sportello Dipendenze
Testimonianza 2
«Ad un certo punto della tua “tranquilla vita” ti può capitare di accorgerti, improvvisamente, che un tuo amico, un tuo fratello non è più quello che pensavi di conoscere così bene, che un uomo non è più un uomo. Hai davanti una realtà diversa, strana, brutta, che non capisci, che ti infastidisce e, soprattutto che non sai come affrontare. Ti trovi impotente davanti a qualcosa di cui fino a quel momento avevi solo sentito parlare; era un problema degli altri. Adesso, invece, è diventata anche la tua realtà, ci sei di fronte, ci devi stare di fronte, se sei un uomo non puoi far finta di niente, devi confrontarti con essa; devi! Devi, perché la persona che conoscevi è cambiata: più fragile, più furba, più bugiarda, ma nel profondo è la stessa persona a cui vuoi bene, che ti è stata messa di fianco. Ma adesso che cosa faccio? Provi a farle compagnia, a non lasciarla sola, ma ti accorgi ben presto che tu non basti, che sei impotente, che da soli è impossibile. Per fortuna un amico ti dice che ha sentito parlare di un posto, di una persona, che è disposta ad ascoltare, con cui puoi condividere questa tua pena (croce). Ed eccoci lì, io e mio fratello, che in un pomeriggio assolato suoniamo un campanello in una piazza di Sesto San Giovanni. All’ingresso dell’edifico una semplice targa: Centro di Ascolto Caritas. Sulla porta appare un uomo semplice, cordiale. Ci fa accomodare, e dopo qualche convenevole, ci guarda dritto negli occhi, guarda me e guarda Tommaso. Non dimenticherò mai il suo sguardo, uno sguardo intenso, profondo, di chi ti accoglie non solo per compassione, ma per il valore che c’è in te in quanto uomo, quel valore che qualcuno di più grande ha donato a tutti gli uomini; di chi ti accoglie con la certezza che anche un uomo fragile, distrutto, ha la possibilità di rimettersi in gioco, di essere protagonista della sua rinascita. Ed è proprio su questo fattore che il nostro interlocutore fa leva; sul fatto che anche Tommaso, nel momento in cui riconoscerà che “solamente lui” ha distrutto la sua umanità con l’abuso di alcol e stupefacenti, potrà essere l’artefice della sua resurrezione. Da quel momento gli incontri al Centro di Ascolto Caritas di Santo Stefano si susseguono regolarmente e non sono mai semplici chiacchierate. Flavio è una guida importante, il cui giudizio non è mai basato sul paternalismo o sul pietismo nei confronti di Tommaso, è invece, grazie a Dio, un giudizio sull’esperienza di Tommaso che considera la realtà per tutti i fattori che la compongono, ma non permette a Tommaso di trincerarsi dietro le colpe dei figli, della moglie, del mondo. Costantemente mette in primo piano lui, le sue scelte e, soprattutto, le sue non scelte che l’hanno portato a cercare la felicità attraverso l’effetto delle diverse sostanze tossiche assunte. Più volte, durante gli incontri a Sesto San Giovanni, il richiamo al reale: “Ricorda, tu sei un tossico per colpa tua, non degli altri uomini cattivi; tu sei il primo responsabile della tua non-vita”, ha generato forti momenti di tensione fra Tommaso e Flavio. Più di una volta ho pensato che Tommaso avrebbe aggredito il suo interlocutore, più di una volta ho visto Tommaso scagliare lontano la sedia e andarsene dal Centro di Ascolto. Ma è innegabile che, nonostante questo, qualcosa è accaduto, qualcosa misteriosamente ha stupito Tommaso. Ha cominciato a farsi strada nella sua mente e nel suo cuore la certezza di essere comunque guardato come uomo, di essere atteso ed amato per quello che lui era anche in quel momento drammatico della sua vita. E tutte le volte, proprio come il figliol prodigo, Tommaso tornava a bussare alla porta del Centro di Ascolto Caritas. Il cammino è stato lungo e ricco di ostacoli, ma la compagnia vera e gratuita di un amico, e non di un esperto in materia, è stata la chiave di volta per la vita di Tommaso e di tanti altri ragazzi passati dal Centro di Ascolto Caritas di Santo Stefano. Ed io? Io ho fatto sicuramente esperienza di un incontro e di uno sguardo sull’umano che chiedo di poter avere a mia volta sia sulle persone che mi sono più vicine, anche su quelle che mi sarà dato di incontrare domani».
Un utente dello Sportello Dipendenze